Appalti pubblici, il pentito accusa:
«Tangenti divise tra clan e assessori»

Appalti pubblici, il pentito accusa: «Tangenti divise tra clan e assessori»
di Dario Sautto
Giovedì 6 Giugno 2019, 09:39
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«Si parlava di una tangente da tre rate da 80mila euro. Vaccaro spiegava che metà andavano alle famiglie dei camorristi, l'altra metà agli assessori del Comune». Racconta fatti e circostanze inquietanti Marco Palomba, uno dei collaboratori di giustizia più attendibili sentiti nel corso delle indagini sulle infiltrazioni della camorra negli appalti al Comune di Torre del Greco.

LE RIVELAZIONI
Ai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, coordinati dal sostituto procuratore Maria Di Mauro del pool di magistrati in forza alla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, il pentito ha spiegato alcuni meccanismi che avrebbero permesso alle ditte di aggiudicarsi gli appalti facilmente e a Ciro Vaccaro, imprenditore che gestiva le pulizie a Palazzo Baronale, incensurato e praticamente insospettabile, di muoversi da battitore libero tra uffici e clan, consegnando mazzette e facendo da emissario per la camorra. «All'epoca in cui c'è stata la SaBa (poi sostituita dalla Ego Eco, ndr), alla nettezza urbana sono stati assunti molti affiliati al clan incalza Palomba in realtà è stata una forma di estorsione pagata alla camorra. Invece di pagare i soldi, si offrivano assunzioni».

 

Un metodo emerso anche nell'ultima inchiesta sul voto di scambio, con i clan scalzati dai politici nella gestione dei posti di lavoro nella nettezza urbana. Due giorni fa, i carabinieri hanno arrestato sette persone, accusate di aver gestito il giro di estorsioni nell'ambito della gestione di diversi appalti affidati dall'ente comunale. A parte i boss Luigi Papale, Domenico Gaudino e Maurizio Garofalo, l'ordine di arresto è stato notificato in carcere ad Andrea Oriunto, Franca Magliulo (moglie di Garofalo) e Raimonda Sorrentino (sua amante), entrambe «autorizzate» a chiedere la quota di pizzo per conto del reggente dei Papale detenuto. Il nome nuovo, però, è quello di Vaccaro, unico incensurato e a piede libero, in cella per concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Non era affiliato alla camorra, ma avrebbe agito per conto dei clan e per suo tornaconto personale. Il decreto di sequestro preventivo da 3 milioni di euro eseguito a suo carico parla di una sproporzione tra redditi dichiarati e beni effettivamente in suo possesso. Intercettato, raccontava di riuscire a fare un «investimento» da 25mila euro in regali e contanti per assicurarsi notizie di prima mano negli uffici comunali e da alcuni politici, e la protezione da parte della camorra. Non solo il ciclo dei rifiuti sarebbe finito nel mirino delle famiglie di camorra dei Di Gioia-Papale e dei Falanga. Il pizzo sarebbe stato imposto anche ai cantieri presenti in città. Avrebbe pagato 14mila euro la ditta edile che curò la ristrutturazione dell'ex Pescheria Borbonica di largo Costantinopoli da adibire a comando della polizia municipale. Poi ci sono i lavori al cimitero e alcuni riferimenti alle agenzie funebri che operano a Torre del Greco.

IL COMUNE
Una serie di inquietanti infiltrazioni, che ieri hanno spinto il sindaco Giovanni Palomba a chiedere un incontro con il prefetto di Napoli Carmela Pagano «per condividere ogni necessaria iniziativa che sia tesa a far luce su tutte le gare esperite, nonché sull'assegnazione degli appalti pubblici». Il quadro, a tinte più che fosche, ha già indirettamente coinvolto pezzi dell'attuale amministrazione comunale, per vicende connesse che vedono a rischio processo l'assessore dimissionario Vincenzo Sannino. «Legalità e trasparenza» sono le parole d'ordine di Palomba, che vuole un «efficiente controllo sull'impiego del denaro pubblico».
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