La mamma di Arturo: «Preso di mira
perché studia e gli vogliamo bene»

La mamma di Arturo: «Preso di mira perché studia e gli vogliamo bene»
Lunedì 28 Gennaio 2019, 12:30 - Ultimo agg. 15:26
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«È stato il fatto che avesse una casa, qualcuno che lo aspettava, e un progetto di studio da portare avanti, in una parola è stata la sua insopportabile normalità, a far scattare l'aggressione: la rabbia sociale e la frustrazione di cui questi quattro ragazzi sono portatori è veramente incredibile». Così Marisa Iavarone, madre di Arturo, il ragazzo accoltellato il 18 dicembre del 2017 in via Foria, a Napoli, commenta le motivazioni con le quali i giudici del Tribunale dei Minori di Napoli hanno spiegato la sentenza emessa agli inizi dello scorso novembre a carico di tre giovanissimi imputati (per il quarto non si è proceduto in quanto non imputabile, ndr) a cui sono stati inflitti nove anni e tre mesi di reclusione.

L'avvocato Elena Coccia, legale della signora Iavarone, ha ricordato che i giudici hanno voluto sottolineare che quel tragico giorno il branco era sceso in strada per accoltellare qualcuno: «È stato un gesto del tutto volontario e predeterminato, un gesto che avrebbe potuto determinare un esito ancora più nefasto». Anche l'avvocato Coccia, come Maria Iavarone, è madre di un ragazzo vittima di bullismo che, per fortuna, non ha avuto la stessa sorte di Arturo. «Le motivazioni della sentenza - aggiunge Marisa Iavarone - non mi lasciano per niente sorpresa. Anzi sono stata tra i primi, e da madre ne sono profondamente certa, a fornire queste spiegazioni. In quella breve interazione di 'agganciò - spiega Iavarone - che Arturo ebbe con loro, mi ha sempre riferito che quei 4 ragazzi dopo il tentativo di portarselo da qualche parte, hanno cominciato ad insultarlo e ad inveire contro di lui. A quel punto Arturo ha provato a scrollarseli di dosso dicendo loro che doveva tornare a casa, che lo stavamo aspettando e che doveva tornare a studiare. Tre motivi insopportabili per quei quattro balordi, tre ragioni che restituivano loro la rappresentazione plastica di quanto Arturo fosse profondamente distante da loro: un ragazzo normale che aveva un luogo nel quale tornare qualcuno che lo attendeva ed un progetto di studio da realizzare».

«Questi tre motivi - secondo la madre di Arturo - hanno prodotto nella loro testa un black out di lucidità che ha dato l'innesco, il segnale della battaglia per scatenare l'inferno e l'inferno di lì a pochi attimi sarebbe stato». «Ringrazio in ogni caso la Procura per il lavoro attento di analisi svolto, per il rigore nella valutazione degli atti processuali costruito grazie al lavoro minuzioso degli inquirenti della questura di Napoli», conclude Marisa Iavarone che, infine, rivolge un pensiero a quanto è avvenuto ieri a Cardito, in Provincia di Napoli: «Si può morire di botte a sette anni? Può la violenza cieca ed efferata non risparmiare neanche lo sguardo di un bambino che implora pietà? Serve l'impegno di tutti contro ogni forma di violenza».
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