Arzano, dopo 40 anni bimbi in strada senza paura nel Rione 167: «Non si torni più indietro»

Arzano, dopo 40 anni bimbi in strada senza paura nel Rione 167: «Non si torni più indietro»
di Marco Di Caterino
Mercoledì 27 Aprile 2022, 11:00 - Ultimo agg. 28 Aprile, 07:17
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Il giorno dopo la maxiretata che ha portato in carcere i camorristi, il rione 167 ha l'aspetto e il sonoro della festa, condito, quest'ultimo, da qualche parolaccia di un nugolo di bambini che giocano dietro a un pallone. Giocano sotto i portici, usando i pilastri come pali delle porte. Finalmente giocano. Finalmente stanno insieme. Liberi, dopo anni di reclusione forzata negli alloggi popolari dove abitano con i genitori. Gli alloggi della povera gente, niente a che vedere con quelli occupati dai boss che li hanno trasformati in appartamenti lussuosi. Sotto questi portici, d'altra parte, fino a domenica scorsa fluttuavano tossici, pusher, gestori delle piazze di spaccio e le loro sentinelle. Alle quali dovevi chiedere il permesso per entrare in casa. Ma il giorno dopo il blitz che ha visto finire in galera tutta la famiglia Monfregolo, compreso quel Giuseppe che la Dda e gli inquirenti ritengono sia l'attuale capoclan, e assicurato alla giustizia anche Pasquale Cristiano e altri suoi affiliati, arriva per costoro un altro durissimo colpo, fortemente simbolico. Un colpo questa volta economico: il conto, decisamente salato, che il Comune di Arzano intende mandare a quanti con la benedizione della camorra e gli occhi chiusi degli amministratori pubblici che si sono succeduti in città per circa mezzo secolo, hanno vissuto a sbafo: non pagando l'affitto, evadendo tributi e bollette dei servizi comunali, e negli ultimi tempi intascando anzi il reddito di cittadinanza. I calcoli li hanno fatti i tecnici del Comune, e sono impietosi: oltre un milione per evasione della Tari, quattrocentomila euro per il canone della fornitura idrica, stessa cifra per l'affitto dell'alloggio, che in genere varia dai 30 ai 50 euro al mese. Circa due milioni di euro in totale, debito accumulato da circa cinquanta nuclei familiari, sui settanta che risiedono nelle palazzine popolari di via Cristoforo Colombo. Uno scandalo. Al quale va aggiunta quell'indecenza della percezione abusiva del reddito di cittadinanza, per più di dieci tra nuclei familiari e singoli beneficiari, che incassavano una media di 700 euro al mese. Mentre, nelle loro abitazioni occupate abusivamente e quindi sottratte a chi ne aveva diritto, realizzavano vani abusivi e si rinnovavano l'arredamento con mobili di lusso. 

La scoperta era avvenuta nel corso del censimento degli alloggi nel Rione 167, effettuato dal comandante della polizia locale, Biagio Chiariello, destinatario per questo di minacce di morte e di un manifesto che ne annunciava la prossima dipartita, fatto trovare una mattona all'ingresso del comando della polizia locale. Un episodio gravissimo, per il quale è stato poi arrestato Mariano Monfregolo, fratello del capoclan, mentre al suo complice, un 21enne del posto, è stato imposto il divieto di residenza in Campania.

Insomma, quel censimento da semplice atto amministrativo si è rivelato una sorta di terremoto per il clan 167. Molti affiliati e anche semplici simpatizzanti, denunciati per occupazione abusiva di alloggi, hanno perso la residenza e il reddito di cittadinanza. Abusi e oppressioni cancellati con la retata del 25 aprile. E adesso, dal giorno della liberazione dalla camorra, nel Rione 167 il tempo sembra essere sospeso. I nuclei familiari normali, una ventina in tutto, si devono abituare a una insperata libertà. 

«Io parlo con voi, ma non fate il mio nome», bisbiglia guardandosi intorno una donna anziana, incurvata sotto il peso di quattro buste di plastica gonfie di spesa. «Che vi devo dire, li hanno presi proprio tutti. Un miracolo. Andrò a piedi proprio alla Madonna dell'Arco. Miracolosa. Ma questi malamenti la prendevano in giro. Dicevano che era la Madonna tutta loro...E mica la Vergine Maria se la fa con i camorristi?». Le chiediamo se si sente più libera dopo il repulisti dei carabinieri. Lei ci pensa su un attimo e poi risponde: «La vera libertà sta nella dignità delle persone. Quando abbassi la testa, fosse pure per sopravvivere, libero non lo sarai mai. Così è stato per me, da sempre. Mo' però, ci dobbiamo abituare, anzi imparare ad essere liberi». 

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Ma il primo respiro libero dopo quarant'anni di questo quartiere dura poche ore. Una primavera brevissima. Nel primo pomeriggio il tam tam del rione riporta una brutta notizia. La mamma di Giuseppe Monfregolo, Luisa Grassini, 70 anni, quella che durante la latitanza del figlio confezionava grosse partite di droga e prendeva a maleparole gli agenti della polizia municipale, gridando contro Jatevenne, questa è a roba nostra, dopo l'interrogatorio di garanzia ha ottenuto gli arresti domiciliari. Una presenza ingombrante, difficilmente da sottovalutare, perché c'è da giurare che la mamma del boss controllerà dalle sue finestre persino gli atteggiamenti e le libertà degli onesti del rione 167. Perciò ha subito ragione un'altra madre, quella di un paio di ragazzini che continuano la loro partitella infinita sotto casa. Che li chiama per la cena, e poi si sfoga: «È troppo bella questa normalità. Non la facciamo finire. I carabinieri che ci hanno aiutato, il comandante dei vigili che si è pigliato le minacce di morte, noi li ringraziamo. Ma li vogliamo qua. Non ci fate tornare indietro». 

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