Arzano, la strage sfiorata: faida bis per la droga, un cugino del boss era l’obiettivo dei killer

Arzano, la strage sfiorata: faida bis per la droga, un cugino del boss era l’obiettivo dei killer
di Marco Di Caterino
Giovedì 25 Novembre 2021, 23:11 - Ultimo agg. 28 Novembre, 11:20
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Tira una brutta aria ad Arzano. Una città sconvolta, terrorizzata, perché qui si può morire per strada. Perché qui la camorra regola i conti come, dove e quando vuole, anche in presenza di persone innocenti che nulla hanno a che fare con la criminalità organizzata. Strade silenziose e locali semideserti, ieri sera, a 24 ore dalla tentata strage al Roxy Bar di via Solimene, dove due killer hanno sparato all’impazzata. Erano incaricati di uccidere Salvatore Petrillo, cugino del boss Pasquale Cristiano, reggente del clan 167 di Arzano, colui che lo scorso luglio pur essendo agli arresti domiciliari festeggiò la prima comunione del figlio portandoselo a zonzo in una Ferrari, con i suoi affiliati a bloccare il traffico in tutte le strade della città.

Ma i due non solo hanno fallito la missione di morte, ma sparando all’impazzata hanno ferito due innocenti avventori del locale, oltre che il loro obiettivo e i due scagnozzi del reggente. Dei cinque feriti, due versano in gravissime condizioni. Salvatore Petrillo, 29 anni, sorvegliato speciale, è ricoverato in rianimazione presso l’ospedale San Giuliano di Giugliano.

I medici si sono riservati la prognosi, dichiarandolo in imminente pericolo di vita. Come uno dei due guardaspalle del reggente, Vincenzo Pio Merolla, 18 anni, anche lui in pericolo di vita, ricoverato nello stesso nosocomio. Non rischia la vita, invece, Luigi Casola, 39 anni, residente nel rione “167” di Arzano, ricoverato ad Acerra per una ferita d’arma da fuoco alla gamba.

Per fortuna le condizioni dei due avventori, seppure colpiti dai proiettili, non sono gravi e non destano alcuna preoccupazione tra i sanitari dell’ospedale di Frattamaggiore, dove è ricoverato Roberto Lastra, 36 anni, incensurato, mentre l’altra vittima innocente, l’idraulico Mario Abate, 61 anni, che si era recato nel bar per acquistare una birra per la cena, è in cura presso l’ospedale di Pozzuoli, per una ferita al piede probabilmente causata da un proiettile di rimbalzo.

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Le indagini, svolte dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, sono indirizzate a delineare in quale scenario è maturata la tremenda azione di fuoco. Arzano fino al 2014 era un feudo dei Moccia gestito dal boss Ciro Casone, che controllava con il pugno di ferro la parte est della città, quella del centro storico e della zona industriale, mentre quella ovest, geograficamente attaccata a Secondigliano, Scampia e Melito, era stata lasciata alle prime avanguardie delle truppe degli Amato–Pagano, gli “scissionisti” in rotta con il clan Di Lauro. Avanguardie che finiscono per occupare militarmente le palazzine popolari di via Atellana, il quartiere 167, che ha poi dato il nome al nuovo clan, che con l’omicidio di Casone (29 febbraio 2014), ucciso in un centro abbronzante di Arzano insieme a Vincenzo Ferrante, fa segnare il cambio di vertice sul controllo delle attività criminali, soprattutto lo spaccio di droga, su tutta Arzano. Nella 167 cresce il potere criminale di Pietro Cristiano, uno dei “fondatori” del clan, coadiuvato dal figlio Pasquale (quello del giro in Ferrari) uscito assolto dal processo per l’omicidio Casone, e dal nipote, proprio quel Salvatore Petrillo obiettivo del commando al Roxy Bar. Mentre tra gli “scissionisti” della prima ora si apre una seconda scissione, segnata soprattutto a Melito da una lunga serie di morti ammazzati, tra i quali Giovanna Arrivoli, uccisa e sepolta in campagna. Frizioni sanguinarie, che si riverberano anche su Arzano, con la netta contrapposizione tra il clan 167 e il gruppo di Giusuè Belgiorno, pupillo e figlio naturale di Cesare Amato, che mercoledì sera, poche ore prima dell’agguato al bar, era stato festeggiato con fuochi d’artificio e fiumi di spumante in via Zanardelli, per la riacquistata libertà dopo anni di carcere. 

 

Una coincidenza? È la domanda che si pongono gli inquirenti, che stanno vagliando anche il ferimento di Raffaele Liguori (16 settembre) ferito a colpi d’arma da fuoco sempre ad Arzano, in via Squillace. Il ferito è ritenuto affiliato agli Amato–Pagano, per i quali controllava quella zona tra Arzano e Casoria, che è una sorta di trincea dove ora si affrontano gli “scissionisti” e le nuove leve del clan Moccia, che vogliono riappropriarsi di quello che considerano da sempre il “loro” territorio.

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