AstraZeneca, Sonia in fin di vita dopo il vaccino a Napoli: ​«Stava meglio, era perfino tornata a scuola»

AstraZeneca, Sonia in fin di vita dopo il vaccino a Napoli: «Stava meglio, era perfino tornata a scuola»
di Ettore Mautone
Martedì 16 Marzo 2021, 00:00 - Ultimo agg. 15:27
5 Minuti di Lettura

Sonia Battaglia, una donna napoletana di 54 anni, da 20 anni nei ruoli amministrativi dell’Itis Enrico Medi di San Giorgio a Cremano, è ricoverata in fin di vita, in terapia intensiva, all’ospedale del Mare di Napoli con un drammatico quadro clinico di «coagulazione intravasale disseminata». La notizia, diffusa su Facebook dai familiari, è stata confermata da fonti sanitarie del presidio di Napoli est. La donna aveva praticato il vaccino AstraZeneca il 1 marzo, in un punto vaccinale della Asl Napoli 3 sud. La famiglia della donna risiede a San Sebastiano al Vesuvio e la vaccinazione è stata praticata nell’ambito delle immunizzazioni programmate per il personale scolastico. Il lotto di vaccino Astra Zeneca da cui è stata tratta la fiala è ABV5811, sequestrato dopo il caso di Biella, poche ore prima della durante la sospensione cautelativa in tutto Italia delle immunizzazioni targate Astra Zeneca. Questo stesso lotto era stato indicato dall’Unità di crisi regionale, venerdì scorso, tra quelli da sospendere insieme ad ADV6096, per i momentanei campionamenti di saggio richiesti dall’Istituto superiore di Sanità in parallelo all’unico lotto ritirato dall’Aifa in tutta Italia in quel giorno (ABV 2856). Una premessa su cui la Asl Napoli 1 alle 7 del mattino aveva disposto la sospensione delle vaccinazioni con Astra Zeneca a prescindere da lotto per poi tornare sui suoi passi seguendo le indicazioni del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità, ossia non utilizzare i vaccini dei due soli stock targati Abv 2856 e e Adv 6096. 

«Mia madre - sottolinea il figlio della paziente Mario Conte - è sempre stata una persona in salute, non aveva malattie.

Il giorno dopo aver praticato il vaccino ha cominciato ad avere febbre. Poi è migliorata ed è tornata anche a scuola. Alcuni giorni dopo il malessere si è ripresentata la febbre alta e il vomito profuso. Il medico curante le ha prescritto del paracetamolo e alcune flebo per reidratarla. Le sue condizioni sono peggiorate e non riusciva più ad alimentarsi. Abbiamo allertato il 118 che intendeva ricoverarla con l’avvertimento che sarebbe rimasta molte ore in pronto soccorso per le procedure di prediagnosi del Covid. Di fronte a questa prospettiva abbiamo rinunciato pensando che potesse stare meglio. Invece ha iniziato a parlare poco e male e sembrava avere una emiparesi. Mio fratello allora le ha chiesto di alzare il braccio ma mamma credeva di alzarlo senza eseguire la manovra. Di fronte a questi chiari segni di sofferenza cerebrale la mattina dopo l’abbiamo presa in braccio e portata subito con i nostri mezzi in ospedale».

Era il 13 marzo: alla donna in ospedale, al pronto soccorso, diagnosticano un ematoma cerebrale. «Dopo due ore la situazione è precipitata e ci hanno detto che aveva coaguli in molti organi». Ora la signora Battaglia è in coma farmacologico con una situazione clinica drammatica che investe vari organi e apparati. La Cid (Coagulazione intravasale disseminata) è una condizione patologica di profondo sovvertimento dell’attività di coagulazione del sangue e della funzione piastrinica che si verifica in gravi infezioni (meningiti) e in casi di shock settico. Sia la paziente sia tutti i familiari, in particolare i tre figli della donna il giorno del ricovero hanno praticato un tampone molecolare che ha escluso un’infezione da Covid-19. Varie trasfusioni di piastrine si sono rivelati infruttuosi. Un racconto confermato all’Ansa dall’altro figlio della donna Raffaele - 27 anni, insegnante che racconta: «Mia mamma è stata convocata per il vaccino come tutto il personale scolastico, era molto spaventata, poi per senso civico, per riguardo verso gli alunni e i colleghi ha deciso di aderire. I medici non trovano una spiegazione, mia mamma era sanissima».

Video

Da fonti mediche emerge che la donna oltre a una trombosi dell’arco portico e varie trombosi cerebrali avrebbe una lesione di vecchia data e appunto una Cid disseminata. Un quadro di disturbo della coagulazione generalizzata di tipo sistemico molto avanzata che rende disperata la situazione. Un caso che nessuno dei medici si sbilancia a collegare in maniera diretta alla vaccinazione ma che rimanda ad altri casi di coaguli e trombi comparsi peraltro in barie parti del mondo con le stesse caratteristiche dopo la vaccinazione Anticovid. In attesa che le autorità sanitarie facciano tutti i dovuti controlli torna di attualità quanto segnalato da alcuni eminenti ematologi sul rischio che una causa scatenante (non necessariamente il vaccino ma qualunque processo infiammatorio) incontri un terreno predisponente riconducibile a un quadro di trombofilia genetica. Condizione misconosciuta che per essere evidenziata richiederebbe uno screening di secondo livello a tutti i pazienti prima di vaccinarli. Un prelievo comunque qui consigliato per verificare il livello degli indici infiammatori e la eventuale presenza di anticorpi a segnalare il precedente avvenuto incontro con il Coronavirus. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA