Avvocato sotto scorta perché il clan vuole ammazzarlo. Tre appostamenti sotto casa e nei pressi dello studio professionale il 23, 24 e 25 marzo scorsi, una pistola pronta per l’utilizzo e l’agguato sventato dall’intervento dei carabinieri, prima dell’avvio della protezione. Da ieri mattina sono in carcere, accusati di tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, il 42enne Luigi Di Napoli, pregiudicato ritenuto ai vertici del clan Gallo-Limelli-Vangone di Boscotrecase, e il 18enne Cristian Cirillo, precedenti per droga, accusato di essere tra i nuovi giovani affiliati. I due sono stati raggiunti da un decreto di fermo, emesso d’urgenza dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli (procuratore Gianni Melillo, aggiunto Rosa Volpe, sostituto Valentina Sincero) ed eseguito la scorsa notte dai carabinieri di Torre Annunziata, nel corso di un blitz anticamorra che ha visto impegnati un centinaio di militari, con l’ausilio di un elicottero e unità cinofile, e che ha portato anche a una serie di perquisizioni mirate ai danni di presunti affiliati al clan Gallo-Limelli-Vangone, alcuni dei quali ritenuti coinvolti nell’omicidio del pescivendolo Antonio Morione ammazzato nella sua pescheria di Boscoreale la sera del 23 dicembre scorso.
Secondo l’Antimafia, l’avvocato Antonio Iorio, 35enne penalista di Torre Annunziata, era finito nel mirino dei sicari della camorra per dissidi legati alla sua attività professionale.
Da ieri mattina Di Napoli e Cirillo sono detenuti nel penitenziario di Secondigliano, in attesa dell’interrogatorio di garanzia. I due saranno assistiti dall’avvocato Luigi Amoruso. Mentre la folla di parenti si assiepava all’esterno della caserma dei carabinieri di Torre Annunziata, Cirillo aveva chiesto di nominare proprio Iorio come suo difensore di fiducia. Di Napoli, ritenuto il figliastro del boss Andrea Vangone, era stato arrestato dopo un anno di latitanza a luglio 2016: doveva scontare una condanna definitiva a quattro anni nell’ambito del maxi processo Pandora-Matrix contro il clan Gallo-Limelli-Vangone. Tornato libero, ora era ritenuto nel «direttorio» del clan che ha la sua roccaforte in via Sepolcri a Boscotrecase, alle spalle del Piano Napoli di Boscoreale.