«Prendi i babà del Cardarelli»: pizzo in corsia, il verbale choc

«Prendi i babà del Cardarelli»: pizzo in corsia, il verbale choc
di Leandro Del Gaudio e Viviana Lanza
Lunedì 7 Maggio 2018, 06:33
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A un certo punto la conversazione si interrompe, le parole lasciano il posto ai gesti. O meglio: ai suoni. Ed è così che la cimice della squadra mobile (messa all'interno dell'auto giusta) capta una sorta di conferma investigativa: il fruscìo dei soldi, il suono delle banconote contate con fare da ragioniere da uno dei presunti camorristi fresco di «bussata di porta». Eccola l'ultima frontiera del racket a Napoli, con la camorra che entra negli ospedali cittadini e impone il pizzo alle ditte impegnate nei vari lotti di lavori. Dicembre 2017, appena pochi mesi fa, un clan del Vomero impone il pizzo su una delle ditte di un raggruppamento temporaneo di imprese che ha vinto un subappalto per la manutenzione al Cardarelli. Si accendono i riflettori della Dda di Napoli, si torna a indagare su presunte pressioni della camorra su uno dei più importanti nosocomi del sud Italia. Inchiesta coordinata dai pm anticamorra Celeste Carrano e Henry John Woodcock, c'è la convinzione che in almeno due casi la tangente sia andata a buon fine: in un primo episodio, uno dei presunti boss emergenti dell'area collinare stringe tra le mani mille euro, li mostra al proprio complice e li fa «suonare» con quel fruscìo, quel sonoro catturato nell'auto «ambientalizzata» da una cimice; in un secondo caso, invece, parliamo di un importo decisamente maggiore: questa volta, la tangente incassata è di 30mila euro, imposta a una ditta titolare di un appalto sempre all'interno del Cardarelli di Napoli.
 
Riflettori puntati contro il presunto gruppo criminale che fa capo ad Andrea Basile, personaggio dato per emergente all'ombra del clan Cimmino e negli ultimi mesi oggetto di alcune perquisizioni di fronte al suo coinvolgimento nell'inchiesta-terremoto sulla Sma e sul conferimento dei fanghi dai depuratori in Campania. Ma in questo caso non ci sono rifiuti o depuratori intasati, almeno a leggere le informative depositate dalla Dda di Napoli in uno dei filoni che riguardano il crimine dell'area collinare.

Torniamo però alla seconda estorsione, quella da trentamila euro. In questo caso gli inquirenti sono convinti di aver ricostruito il modus operandi del gruppo dell'Arenella: dopo aver individuato la zona di provenienza dell'azienda vincitrice dell'appalto, si mettono in affari con il clan del territorio della ditta stessa. Una sorta di affare estemporaneo, per imporre il pizzo senza avere problemi con altre cosche. Dunque, metà a quelli del Vomero-Arenella e metà al clan egemone sul territorio di provenienza della ditta taglieggiata. Agli atti le intercettazioni sembrano parlare chiaro, a proposito della regola del 3 per cento da imporre alla nuova impresa e della necessità di dividere in due la tangente: «Dovevano essere il tre per cento (su un appalto da due milioni di euro, ndr) e dovevano essere sessanta babà, poi dovevamo fare trenta per uno». Non hanno dubbi gli inquirenti: trenta a quelli del Vomero, trenta a quelli dell'hinterland metropolitano garanti del nuovo affare. Ma al di là del pressing estorsivo su questa o quella impresa, desta impressione la capacità di vecchi e nuovi camorristi di entrare all'interno degli ospedali cittadini. E sono ancora le intercettazioni ad offrire conferme in questo senso. Parla a ruota libera uno dei presunti camorristi intercettati: «E mo ci vediamo giù al Monaldi dentro la stanza mia, dove tengo... oppure facciamo a casa mia... lui viene al Cardarelli... là ci sono le sedie, la scrivania ci sta... se volete parlare laggiù...». Immediata la risposta del presunto emergente della camorra vomerese: «Mo vediamo, se proprio non ci sta nessuno là...». Metodi che spingono gli inquirenti a parlare di una nuova escalation del pizzo all'ombra del Cardarelli, «con la partecipazione attiva, in alcuni casi, di alcuni pubblici funzionari, ai danni di diversi obiettivi quali imprese di costruzioni, esercenti attività commerciali ed aziende appaltatrici di lavori pubblici e servizi presso strutture pubbliche».
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