Banca nega prestito a imprenditore: sentenze opposte a Napoli e in Sicilia

Banca nega prestito a imprenditore: sentenze opposte a Napoli e in Sicilia
Venerdì 28 Agosto 2020, 00:00 - Ultimo agg. 10:03
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Più di un milione di domande pervenute dalle banche al Fondo di garanzia tra il 17 marzo e il 20 agosto scorso, per oltre 70 miliardi di finanziamenti garantiti, la stragrande maggioranza per prestiti fino a 30mila euro. Un numero imponente anche se inferiore alle attese, visto che moltissime pmi hanno preferito non avvalersi della misura varata dal governo per l’emergenza Covid-19 temendo di indebitarsi ulteriormente. Di sicuro non fanno parte dello stock quelle bocciate sul nascere, in fase di istruttoria da parte delle banche, cioè, perché ritenute prive dei requisiti richiesti. Un punto, quest’ultimo, che aveva già suscitato polemiche nei primi giorni dell’emanazione del provvedimento quando si riteneva, complice anche il testo un po’ ambiguo del Decreto legge, che la concessione del prestito, originariamente fissato in 25mila euro da restituire in 6 anni, fosse automatica. In realtà, come poi è stato ampiamente ribadito (a cominciare dal governatore della Banca d’Italia, Visco), la valutazione del merito creditizio da parte delle banche prima dell’inoltro della richiesta di finanziamento al Fondo di garanzia era e rimane prioritaria, specie per evitare conseguenze di natura penale in caso di erogazioni non dovute o poco trasparenti. 

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C’è chi però non si è arreso e di fronte al “no” della banca ha deciso di ricorrere alla magistratura. E qui si è aperto un altro capitolo di questa complicata storia: non tutti i tribunali infatti si sono espressi alla stessa maniera (anche perché i casi esaminati spesso differiscono l’uno dall’altro e non sembrano, dunque, esattamente sovrapponibili). Tra Napoli e Caltanissetta, ad esempio, come rende noto il penalista napoletano Angelo Pisani, due sentenze diverse per due distinte vicende: una ha respinto il ricorso, condannando l’imprenditore al pagamento delle spese, l’altra lo ha accolto, garantendogli il diritto di accedere al Fondo per il prestito da 25mila euro.
 


Nella sentenza del giudice di Napoli, si ribadisce che la norma del Decreto 23 non prevede alcun automatismo: «La valutazione del merito creditizio - si legge -non è affatto esclusa a priori dalla normativa emergenziale che impone, in via automatica, la sola concessione della garanzia statale». Inoltre, «imporre l’erogazione del prestito senza alcuna valutazione di merito violerebbe la normativa (nazionale e sovranazionale) a tutela dell’attività bancaria oltre che i princìpi costituzionali, perché danneggerebbe la banca erogante». Di qui, conclude il giudice, due ipotesi: «O il legislatore ha inteso abrogare anche incidentalmente le norme a tutela dell’attività bancaria o il decreto va interpretato nel senso che alla banca spetta comunque il diritto di negare il finanziamento in caso di valutazione del merito creditizio totalmente negativa e che tale valutazione è doppiamente necessaria al fine di garantire non solo gli interessi della banca ma anche il buon uso del denaro pubblico». Un passaggio quest’ultimo che fa riferimento ad un possibile rischio di insolvenza dello Stato: la garanzia statale, si legge nella sentenza, «si basa su una dotazione vasta ma limitata che potrebbe non essere sufficiente a coprire tutte le insolvenze». Ma proprio su questo punto esprime molte perplessità l’avvocato Pisani, che ha annunciato il ricorso in appello, eccependo che una valutazione di politica economica è quanto meno “impropria” in sede giudiziaria. «L’autonomia di valutazione delle banche - osserva il penalista - in ragione del merito creditizio ordinario, vanifica la norma di carattere eccezionale ed urgente. La garanzia è rilasciata senza la valutazione del merito creditizio che certamente, nelle intenzioni del legislatore dell’emergenza, non è delegata alle banche finanziatrici.
Non a caso viene rilasciata anche a favore delle start up per le quali la valutazione di merito creditizio non è possibile». E ricorda che il tribunale di Caltanissetta ha invece accolto il ricorso imponendo il pagamento dei 25mila euro a chi ne era stato escluso. 

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