Bar e ristoranti chiusi in Campania, si spacca il fronte della protesta: in arrivo i primi aiuti

Bar e ristoranti chiusi in Campania, si spacca il fronte della protesta: in arrivo i primi aiuti
di Gennaro Di Biase
Martedì 22 Dicembre 2020, 08:00
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Si spacca il fronte della protesta. Dopo le barricate di sabato e domenica che hanno paralizzato la viabilità di Lungomare, Riviera di Chiaia, San Pasquale, via Chiatamone, via Morelli e piazza Vittoria, ieri la rivolta dei ristoratori non c'è stata, contrariamente alle locandine social che annunciavano la terza giornata di ribellione contro i divieti alla riapertura dei locali dell'ordinanza regionale 98. Il Governo e Palazzo Santa Lucia, che non ha fatto dietrofront sul provvedimento, annunciano ristori. È ancora forte intanto la rabbia degli imprenditori del food che si erano ritrovati intorno alle 10 in presidio alla fine di via Partenope per continuare le manifestazioni: una ventina i presenti, troppo pochi per mettere in piedi nuovi blocchi del traffico. Quella che resta è una rabbia duplice, «nei confronti di De Luca, che non si è presentato nemmeno in call conference a parlare con i nostri rappresentanti domenica pomeriggio» e «nei confronti delle stesse associazioni di categoria, che in questo lunedì mattina senza telecamere ci hanno abbandonato».

 

Diversamente dalle rivolte del weekend, all'appuntamento di ieri non c'erano Antonino Della Notte di Aicast, Massimo Di Porzio di Fipe e Vincenzo Schiavo di Confesercenti.

I leader delle associazioni di categoria napoletane hanno cercato di evitare le barricate e scelto la linea del dialogo, dopo l'incontro in call conference con l'assessore alle Attività Produttive di Palazzo Santa Lucia Antonio Marchiello. L'arrivo, intorno alle 10, del presidente di Confcommercio Napoli Carla Della Corte per un dialogo con i manifestanti per parlare del blocco del traffico, chiarisce almeno in parte le motivazioni della spaccatura in seno alla protesta. «Nonostante la piena solidarietà verso i pubblici esercizi, il blocco della circolazione domenica ha provocato un crollo degli incassi, scesi del 50% rispetto alla stessa data del 2019» il ragionamento. Lo shopping di fine anno e la necessità per i negozianti di incassare dopo un anno di crisi economico-pandemica, in altre parole, hanno influito non poco sullo scisma dei manifestanti. A confermarlo è lo stesso Di Porzio: «Continuare a bloccare la città non ha senso, al momento, perché crea ulteriori difficoltà agli altri commercianti messi come noi in ginocchio dal Covid, e comunque nelle prossime ore scatterà la chiusura anche per i ristoratori del resto d'Italia - dice il presidente di Fipe, che però chiede tempi celeri - De Luca non ci ha fornito nessuna cifra finora, ma si è esposto pubblicamente e ha detto che ci arriveranno risarcimenti tramite le Camere di Commercio. Vogliamo certezze immediate su come e quando le aziende accederanno ai soldi. Oggi stesso invieremo una lettera alla Regione per chiedere chiarezza sulle procedure burocratiche per ricevere i risarcimenti». 

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C'è due senza tre, dunque: ieri non è scattato il terzo giorno di barricate. I ristoratori sono rimasti in presidio fino alle 11.15. Quindi hanno sciolto la riunione in attesa «che scadano le 24 ore indicate dalla Regione per quanto attiene ai ristori», spiega Antonio Viola di Mammina. Poi si valuterà. «Ho speso 10mila euro di cibo per riaprire il 20 - si sfoga Maurizio Politelli di Terrazza Calabritto - Serviva anche il prezzemolo, visto che il locale era chiuso da mesi. Vogliamo essere trattati come tutti gli altri italiani. Ci è stato riferito che alla conferenza con la Regione si è parlato anche del virus mutato a Londra, eppure l'ordinanza 98 è stata precedente alle notizie sul nuovo Covid». La Regione - trapela dalla call conference di domenica - avrebbe proposto ai ristoranti la soluzione di «cucinare per i bisognosi i cibi acquistati sabato, per poi acquistare i pasti». Quanto ai ristori, chiesti per il 75% delle spese sostenute, Palazzo Santa Lucia, pur non annunciando cifre definite, annuncia un intervento. La Camera di Commercio di Napoli - contattata ieri dall'assessorato regionale alle Attività Produttive per informazioni sul numero di imprese da ristorare - fa sapere che «l'Ente camerale integrerà i fondi appena la Regione sarà partita con lo stanziamento». Secondo i dati della Camera di Commercio, sono 3300 le aziende con codice Ateco 56.1 (ristorazione) tra Napoli e provincia (dove figurano però molte società titolari di più locali). I numeri si alzano se si guarda al dato regionale, con 18518 imprese con codice 56.1. Ma solo le aziende in regola (niente dipendenti in nero e fatturati trasparenti) potranno accedere agli aiuti. 

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