Si spacca il fronte della protesta. Dopo le barricate di sabato e domenica che hanno paralizzato la viabilità di Lungomare, Riviera di Chiaia, San Pasquale, via Chiatamone, via Morelli e piazza Vittoria, ieri la rivolta dei ristoratori non c'è stata, contrariamente alle locandine social che annunciavano la terza giornata di ribellione contro i divieti alla riapertura dei locali dell'ordinanza regionale 98. Il Governo e Palazzo Santa Lucia, che non ha fatto dietrofront sul provvedimento, annunciano ristori. È ancora forte intanto la rabbia degli imprenditori del food che si erano ritrovati intorno alle 10 in presidio alla fine di via Partenope per continuare le manifestazioni: una ventina i presenti, troppo pochi per mettere in piedi nuovi blocchi del traffico. Quella che resta è una rabbia duplice, «nei confronti di De Luca, che non si è presentato nemmeno in call conference a parlare con i nostri rappresentanti domenica pomeriggio» e «nei confronti delle stesse associazioni di categoria, che in questo lunedì mattina senza telecamere ci hanno abbandonato».
Diversamente dalle rivolte del weekend, all'appuntamento di ieri non c'erano Antonino Della Notte di Aicast, Massimo Di Porzio di Fipe e Vincenzo Schiavo di Confesercenti.
C'è due senza tre, dunque: ieri non è scattato il terzo giorno di barricate. I ristoratori sono rimasti in presidio fino alle 11.15. Quindi hanno sciolto la riunione in attesa «che scadano le 24 ore indicate dalla Regione per quanto attiene ai ristori», spiega Antonio Viola di Mammina. Poi si valuterà. «Ho speso 10mila euro di cibo per riaprire il 20 - si sfoga Maurizio Politelli di Terrazza Calabritto - Serviva anche il prezzemolo, visto che il locale era chiuso da mesi. Vogliamo essere trattati come tutti gli altri italiani. Ci è stato riferito che alla conferenza con la Regione si è parlato anche del virus mutato a Londra, eppure l'ordinanza 98 è stata precedente alle notizie sul nuovo Covid». La Regione - trapela dalla call conference di domenica - avrebbe proposto ai ristoranti la soluzione di «cucinare per i bisognosi i cibi acquistati sabato, per poi acquistare i pasti». Quanto ai ristori, chiesti per il 75% delle spese sostenute, Palazzo Santa Lucia, pur non annunciando cifre definite, annuncia un intervento. La Camera di Commercio di Napoli - contattata ieri dall'assessorato regionale alle Attività Produttive per informazioni sul numero di imprese da ristorare - fa sapere che «l'Ente camerale integrerà i fondi appena la Regione sarà partita con lo stanziamento». Secondo i dati della Camera di Commercio, sono 3300 le aziende con codice Ateco 56.1 (ristorazione) tra Napoli e provincia (dove figurano però molte società titolari di più locali). I numeri si alzano se si guarda al dato regionale, con 18518 imprese con codice 56.1. Ma solo le aziende in regola (niente dipendenti in nero e fatturati trasparenti) potranno accedere agli aiuti.