Bengalese aggredito, verbali choc:
«Che ho fatto? Ho ucciso il nero»

Bengalese aggredito, verbali choc: «Che ho fatto? Ho ucciso il nero»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 4 Settembre 2019, 09:38
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Avevano imparato alcune parolacce in lingua bengalese, il loro passatempo preferito. Offese all'immigrato, al venditore ambulante, a quelli che hanno bancarelle piene di occhiali da sole, cover di cellulari e altri oggetti di bigiotteria. Erano in nove, quella sera: cinque ragazzi, tutti minorenni e indagati; e quattro ragazze che hanno tentato di impedire il peggio, ma si sono guardate bene dal denunciare l'accaduto. Eccoli quelli della banda di agosto, quelli che hanno rischiato di uccidere un uomo, in via Orsini, colpendolo con una pietra al volto. Uno di loro, dopo essere scappato, si è rivolto alle ragazze, e ha detto: «Che ho combinato, aggia accis o nir...».

Abitano nella zona di via Monteoliveto, vanno a scuola, e le notti d'estate si divertono in questo modo: parolacce in bengalese, offese gratuite, schiaffi alla nuca di quei commercianti che si spostano da un punto all'altro della movida per sbarcare il lunario a Napoli. Sono loro che hanno rischiato di uccidere Roton Kalak lo scorso undici agosto, al termine di una serata di ordinaria idiozia nei pressi del lungomare. Decisive le immagini ricavate da una telecamera, che ha consentito di identificare via via tutti i componenti del gruppo. A partire da un soggetto in particolare, che era stato fotosegnalato alcuni mesi fa, un volto noto alle forze dell'ordine, sempre per scorrerie di questo tipo. Grazie alla sua identificazione, è stato possibile risalire agli altri aggressori che, di fronte alle domande degli inquirenti sono crollati, ripetendo uno schema classico della confessione a basso costo: almeno quattro dei cinque elementi hanno ammesso le proprie responsabilità, in merito alle offese e alla partecipazione allo stesso gruppo, salvo scrollarsi di dosso l'accusa più grave, quella di aver scagliato un masso (della grandezza di un codice di procedura penale, ndr) contro il commerciante.

 

L'ULTIMO ARRESTO
A lanciare la pietra, sarebbe stato il presunto capogruppo, che è stato arrestato pochi giorni fa a Bologna, dove si era recato per motivi familiari. Studiano, trascorrono le proprie nottate in branco. Tre dei cinque ragazzi hanno genitori non italiani, tanto da usare uno slang volutamente costruito attorno ad espressioni in dialetto partenopeo ma anche di origine sudamericana. Mode simili alle bande di latinos di terza generazione che si muovono in alcuni quartieri di Milano, forti di una integrazione piena ma anche pronti a scagliarsi contro gli ultimi, i più emarginati. Inchiesta condotta dai pm minorili Fabrizia Pavani e Ugo Miraglia Del Giudice, sotto il coordinamento della procuratrice Maria De Luzemberger, nel giro di pochi giorni il quadro investigativo è stato via via chiarito. Prima di prendersela con Roton e con il suo amico (che ha riportato ferite più lievi e che è stato decisivo nel riconoscere le foto degli aggressori), hanno agito contro un altro venditore ambulante. È il prequel di quello che sarebbe accaduto in via Orsini, il primo atto di una nottata di violenza culminata nel ferimento del bengalese: siamo in piazza Plebiscito, due dei cinque ragazzi si accaniscono con calci e pugni contro un commerciante costretto a difendere se stesso e la propria merce. Poi il raid in via Orsini, violenza pura. Dice uno del branco agli inquirenti: «Sì, è vero, ho circondato quel bengalese, ma non ho scagliato il masso, è stato il mio amico..., ma quando ho visto quell'uomo a terra con il suo socio che piangeva accanto al corpo, me ne sono andato». Agli atti anche le dichiarazioni di un altro elemento finito sotto inchiesta: «Due giorni dopo l'aggressione, guardavo la tv con mamma e ho visto il telegiornale. Solo allora ho avuto paura che quell'uomo lasciato a terra potesse realmente morire».
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