Beni confiscati, 289 cespiti del clan consegnati al Comune e Marano rischia l'impasse

Beni confiscati, 289 cespiti del clan consegnati al Comune e Marano rischia l'impasse
di Ferdinando Bocchetti
Mercoledì 20 Luglio 2022, 08:00 - Ultimo agg. 11:32
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Un patrimonio immenso, che si è arricchito di ulteriori 139 beni sottratti alla camorra. È l'ultimo pacchetto di strutture, per lo più abitazioni, consegnato al Comune di Marano, sciolto quattro volte per infiltrazioni della camorra, da tempo in dissesto finanziario e oggi amministrato da una triade commissariale. I beni in questione erano stati sequestrati, e poi confiscati, alla potente famiglia Simeoli. Antonio, il capostipite e fondatore della Sime costruzioni, è in carcere da diversi anni poiché condannato in via definitiva per associazione mafiosa. Per i giudici napoletani è stato per lungo periodo l'imprenditore più vicino al superboss Giuseppe Polverino, alias o Barone, il re dell'hashish che per oltre un ventennio ha dettato legge a Marano e a Quarto.

La consegna da parte dell'Agenzia per i beni confiscati dei 139 beni, che si sommano agli oltre 150 già nelle disponibilità del Municipio, fa di Marano uno dei comuni italiani con il maggior numero di strutture abitative, terreni e box sottratti alle cosche, segno inequivocabile di un territorio ad altissima densità criminale. Un patrimonio ricco, ma decisamente difficile da gestire per un Comune che deve fare i conti con una pianta organica ridotta all'osso (poco più di 80 dipendenti sui circa 250 previsti) e che ha difficoltà persino a erogare i servizi essenziali come l'acqua. Il rischio - molto concreto - è che case, ville, vigneti e box finiscano in rovina, perduti nei meandri della burocrazia, tra lungaggini procedurali, dimenticanze degli uffici e difficoltà a reperire fondi. Come già accaduto, in buona sostanza, per altri immobili, molti dei quali assegnati senza successo ad associazioni e cooperative sociali del territorio o comunque inutilizzati per i fini sociali previsti dalla legge Rognoni-La Torre. Sono numerosi gli esempi negativi. La villa bunker di Giuseppe Polverino, confiscata nel lontano 1996, è oggi un inno al degrado. Nessun progetto di riqualificazione, nemmeno quelli che prevedevano il coinvolgimento di ministeri e forze di polizia, è andato finora in porto. Stessa musica per la villa di Castrese e Giuseppe Palumbo, ribattezzata Villa Scarface, e per tre splendide strutture di via Marano-Quarto, tutte appartenute a esponenti della famiglia Simeoli, formalmente assegnate ma mai utilizzate dalle cooperative aggiudicatarie dei bandi. 

Il Comune, secondo quanto riferito da Luigi Maiello, comandante ad interim della polizia municipale e referente per i beni confiscati dei commissari straordinari, ha avviato da tempo le procedure per fare luce sulle anomalie e per (eventualmente) revocare le assegnazioni.

Al momento, però, nulla è stato deciso. Per i nuovi beni arrivati in dote al Comune, almeno per quelli da ristrutturare, in mancanza di fondi in bilancio si cercherà di attingere dal Pnrr, ma il vero obiettivo dell'Ente è un altro: assegnarli - attraverso un avviso pubblico - alle famiglie meno abbienti della città o a quelle sottoposte alle procedure di sfratto. I beneficiari avrebbero l'onere di eseguire gli interventi di manutenzione. La palazzina di via Casalanno (più di venti appartamenti), che ha deturpato parte di un antico convento francescano, sembra essere la più idonea allo scopo. Già in passato, ancor prima dell'arrivo dei commissari, il Comune di Marano aveva tentato la strada dell'affidamento agli indigenti e alle famiglie alle prese con gli sfratti esecutivi. Ma si tratta di procedure non semplici da attuare, talvolta lunghe, che prevedono approfondite verifiche e indagini sugli assegnatari. 

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Un altro rischio da scongiurare è che gli ulteriori immobili - come ipotizzato di recente da tanti addetti ai lavori - finiscano nuovamente nelle mani dei vecchi boss o affiliati ai potenti clan della città (Polverino, Nuvoletta e Orlando) attraverso associazioni e cooperative compiacenti o sorte proprio con questo preciso scopo. Nel pacchetto dei tanti immobili consegnati di recente al municipio maranese figurano anche beni (due appartamenti) situati a Napoli, in via Camaldolilli e in via Soffritto, dove i Simeoli avevano interessi di natura imprenditoriale. Tutti gli altri, invece, sono dislocati sul territorio di Marano. 

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