Girolamini, l'ex Fi Dell'Utri assolto:
«Ignaro della provenienza dei libri»

Girolamini, l'ex Fi Dell'Utri assolto: «Ignaro della provenienza dei libri»
di Valentino Di Giacomo
Martedì 20 Aprile 2021, 09:03 - Ultimo agg. 21 Aprile, 08:34
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«Il resto di niente», ci vuole il titolo di un libro per spiegare ciò che è rimasto della lunga inchiesta che ha visto per anni imputato l'ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell'Utri. Ieri il Tribunale di Napoli ha pubblicato le motivazioni della sentenza che ha assolto «per non aver commesso il fatto» il fondatore di Fi nella vicenda del trafugamento dei testi antichi dalla biblioteca dei Girolamini. Quattordici i libri che l'ex direttore della biblioteca Massimo Marino De Caro aveva nel corso del tempo donato a Dell'Utri dei circa 4mila volumi sottratti nel corso del tempo. Reo confesso, De Caro è stato già condannato definitivamente a 7 anni per peculato. Il filone d'indagine che riguardava Dell'Utri muoveva i passi - secondo l'accusa - sul concorso al reato di peculato con De Caro da parte dell'ex braccio destro di Silvio Berlusconi. Le accuse dei pm - che chiedevano per Dell'Utri una condanna di 7 anni - si sono però sgretolate davanti al giudice Francesco Pellecchia anche grazie ad una serie di intercettazioni svolte all'epoca dei fatti, a partire dal 2012, dalle quali si evince l'assoluta estraneità dell'ex parlamentare.


LA RICOSTRUZIONE
Dell'Utri, secondo le ipotesi dell'accusa, si sarebbe accordato con De Caro per appropriarsi di volumi e manoscritti di interesse storico. Quattordici quelli che sono finiti nella biblioteca di Dell'Utri a Roma, in via del Senato, provenienti dalla storica sede cinquecentesca. Eppure, ogni volta che De Caro consegnava un libro antico nella mani dell'ex senatore, questi ne appuntava la provenienza nel suo schedario scrivendo «dono Massimo De Caro», tanto è vero che tutti i volumi sono stati poi effettivamente recuperati. Il giudice ha così ritenuto valide le motivazioni addotte dagli avvocati di Dell'Utri, Claudio Botti e Francesco Centonze, che se l'imputato avesse avuto qualcosa da nascondere circa la provenienza illecita dei libri non sarebbe stato così accurato nel riportare di volta in volta il nome del donatore.

Certo, su ogni volume c'era la dicitura che i libri effettivamente provenissero dalla biblioteca napoletana, ma Dell'Utri poteva non averne consapevolezza visto che su ogni testo antico era solo indicata una sigla «Bibl. Cong. Orat», sconosciuta alla stragrande maggioranza - è stato appurato in sede dibattimentale - dei biblofili. «Neanche sapevo - ha detto Dell'Utri nel corso di un'udienza - dov'era questa biblioteca dei Girolamini diventata famosa con questo processo». Di alcuni tomi si pensava addirittura potessero valere 100mila euro, poi le perizie svolte dagli incaricati della Procura hanno appurato come il costo di ogni volume oscilasse al massimo tra gli 80 e i 12mila euro.


IL PERSONAGGIO
Sullo sfondo di questo processo resta l'insolita figura dell'ex direttore Massimo De Caro. Nominato nel giugno del 2011 dall'ex ministro dei Beni Culturali Giancarlo Galan, alla guida dei Girolamini nel giugno 2011, De Caro era stato in precedenza suo consigliere particolare quando questi era al dicastero dell'Agricoltura. Sulla storia di questo trafugatore seriale di volumi antichi ne è nato persino un libro di Sergio Luzzatto, «Max Fox», sorto dai dialoghi via Skype con De Caro quando era in carcere. Per Dell'Utri resta la condanna definitiva a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa (essendo stato riconosciuto mediatore tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi) e quella in primo grado a 12 anni nel processo sulla fantomatica trattativa Stato-mafia.

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