Don Franco Rapullino, parroco nella chiesa di San Giuseppe a Chiaia, dopo 19 anni vissuti a Porta Capuana, lo chiama l'usuraio della porta accanto. Non è il classico strozzino, quello che cede danaro a forti interessi, quasi sempre pregiudicato e camorrista, pronto a tirar fuori pistole e coltelli se il debito non verrà onorato. L'usuraio della porta accanto, volendo usare le parole del sacerdote - lo stesso che dal pulpito della chiesa di Santa Caterina a Formiello invocò il famoso fuitevenne dopo l'uccisione per errore di un bimbo di due anni - è «il pensionato che vive a due passi da te, l'impiegato col posto fisso, il bottegaio del quartiere, l'artigiano di fiducia e perfino la casalinga con qualche risparmio nel cassetto».
Don Franco, sta dicendo che è cambiata la tipologia di chi presta soldi a usura?
«Sì, è cambiata completamente. Il fenomeno non è nuovo ma è chiaro che in questa fase drammatica che stiamo vivendo, si è fortemente acuito. La gente, e purtroppo ne conosco tanta, comincia ad avere serie difficoltà anche fare la spesa quotidiana».
Da qui il ricorso al cravattaro.
«L'aspetto più grottesco di questa vicenda è che chi presta i soldi - e poi se li fa restituire con i dovuti interessi - ritiene pure di stare compiendo una buona azione».
Forse perché applica tassi più bassi?
«I tassi sono certamente meno onerosi di quelli pretesi dalla camorra, e però sempre di attività illegale si tratta. Sapete come si giustificano? Se i soldi non glieli prestavo io, don Fra', andavano a finire in mano ai delinquenti. E non era peggio?».
La mettono sul piano della solidarietà, insomma.
«Una mano lava l'altra: io aiuto a te e tu mi fai un regalo. Iniziano dandoti cento euro per pagare la bolletta della luce e un po' di spesa. Non te lo aspetti e ti ritrovi che vogliono gli interessi. Il vantaggio, se così si può chiamare, è che se non paghi, o non rispetti la scadenza, non vengono a spararti sotto casa».
E non è poco.
«Per carità, ci mancherebbe».
Meglio l'usuraio della porta accanto che il camorrista.
«Senza dubbio, ma non va bene lo stesso. Tra l'altro quasi sempre si tratta di persone che si conoscono, hanno rapporti di cordialità, per lo più vivono nello stesso quartiere se non nel medesimo palazzo, ma al momento opportuno non guardano in faccia a nessuno. Ti servono i soldi? Eccoli qua, ci penso io».
Don Franco, chi sono questi nuovi usurai?
«Diciamo che fanno parte di quella categoria di persone che vive una condizione economica tale da arrivare agevolmente alla fine del mese riuscendo pure a mettere qualcosa da parte. Ecco, il danaro che avanza invece di tenerlo in banca lo prestano agli amici, amici per modo di dire».
Sì, ma di chi si tratta precisamente?
«I pensionati, tanto per cominciare. Quando dispongono di una pensione un po' più soddisfacente, arrotondano con l'usura. Succede qui, nella mia zona, dalla Torretta ai vicoli che circondano la parrocchia, ma anche in aree più borghesi. Gente insospettabile».
I pensionati, poi? Chi altro?
«Gli impiegati, i piccoli commercianti, pure qualche casalinga, anzi parecchie casalinghe».
Dove li prendono i soldi da dare in prestito, le casalinghe?
«Basta avere qualche centinaia di migliaia di euro per cominciare. Una volta che sei nel giro, e il danaro inizia a rientrare con gli interessi, il gioco è fatto e diventi uno strozzino a tutti gli effetti. Nei quartieri popolari poi fanno affari d'oro: la gente tira a campare con difficoltà, ma allo stesso tempo non vuol fare vedere di vivere in affanno, perché, altro problema enorme, oggi è più importante apparire che essere».
In una intervista al Mattino, il prefetto di Napoli, Claudio Palomba, ha chiesto un vertice urgente con le banche per favorire un'apertura di credito agevolato alle famiglie.
«Credo che sia un passaggio importante. La crisi economica e occupazionale, qui soprattutto, sta raggiungendo livelli drammatici. Qualcosa bisogna fare altrimenti davvero non ci saranno più soldi neanche per comprare generi alimentari di prima necessità. L'assedio ai poveri va spezzato».
Secondo l'ultimo rapporto sulla povertà della Caritas tra i nuovi poveri ci sono anche madri sole e famiglie giovani che, nonostante il lavoro, non riescono ad arrivare alla fine del mese.
«Lo so molto bene. Basta fare una passeggiata tra le mense della città a ora di pranzo. C'è di tutto, mica solo i senza dimora o gli extracomunitari. Ho visto intere famiglie mangiare intorno a quei tavoli, famiglie di napoletani, coppie di genitori con i bambini, il lavoro ce l'hanno ma non basta. Ecco, sono anche queste le categorie di persone che, sempre più spesso, finiscono nelle maglie degli usurai. Saranno pure quelli della porta accanto, ma sempre usurai sono».
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