Bollette, lo storico panettiere di Napoli: «Stop all'85% di pane prodotto, perdevo 800 euro al giorno»

Bollette, lo storico panettiere di Napoli: «Stop all'85% di pane prodotto, perdevo 800 euro al giorno»
di Gennaro Di Biase
Sabato 1 Ottobre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 2 Ottobre, 09:01
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«Ho 42 anni e ho imparato a parlare nel panificio». Alessandro Morzillo, titolare del forno Del Ponte, ha la voce spenta di chi non può più nulla contro il caro energia, che ha fatto naufragare l'azienda della sua famiglia, nata 39 anni fa, nel 1983. «Contavamo su 42 dipendenti: siamo rimasti al lavoro in 11 sospira Giusto i parenti. Abbiamo fermato l'85% della produzione a metà settembre: se avessimo continuato a sfornare pane a ritmi normali, con questi costi, avremmo perso 800 euro al giorno». Lavorare per perdere soldi: è l'incubo in cui sono incappati i fornai, specialmente quelli del Mezzogiorno: da quest'incubo è partita la rivolta del pane dell'altro ieri in piazza del Plebiscito.

C'era anche il furgone di Morzillo, infatti, tra i 60 del Plebiscito. «Da azienda fiorente del beneventano racconta lui stesso la nostra è tornata a essere una realtà piccola.

Eravamo su una media giornaliera di 15 quintali prodotti al giorno, oggi siamo a 6. Avevamo 8 punti vendita aperti, ora 3. Le bollette dell'energia sono stangate troppo pesanti da reggere: siamo passati da 2200 euro a 12mila euro al mese. Quanto al combustibile per i forni, la spesa è salita da 3mila a 7200 euro ogni 30 giorni». Aumenti che non perdonano. E al danno si aggiunge la beffa: «Abbiamo chiesto la cassa integrazione per i nostri dipendenti prosegue Morzillo ma non ce l'hanno ancora accettata. Ci è stato risposto che, prima di accettare un provvedimento simile, bisogna alzare i prezzi per i consumatori. I dipendenti stiamo provando a pagarli, almeno a fine ottobre lo faremo. Poi chiuderemo la partita Iva, e abbiamo tutte le intenzioni di chiudere l'azienda per trasformarla in ditta individuale». 

 

La rivolta dei fornai, infatti, pesa di più al Sud. Prima dei rincari, da Roma in su il prezzo di un chilo di pane si aggirava tra i «5 e i 6.50 euro», secondo i dati Unipan Confcommercio. «Nella mia zona aggiunge il titolare di Del Ponte un chilo di pane si vende a 3 euro. Oggi produrlo mi costa 2,20. Prima della guerra mi costava 1,40».

Numeri che non lasciano scampo, insomma. «Il sogno di una grande impresa è fallito dopo 40 anni di attività iniziati con mio padre e proseguiti con me e i miei fratelli - conclude Morzillo - Oggi non riusciamo più ad andare avanti. Il prezzo del pane va assolutamente aumentato, almeno fino a 8 euro. La stessa cifra degli aumenti che stanno arrivando al Nord. A oggi, considerato anche l'aumento delle materie prime, non riusciamo a stabilire un prezzo per il pane». 

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In questo quadro, 30mila posti di lavoro (tanti gli impiegati campani del settore pane) sono più che in bilico. Alcuni, di fatto, sono già saltati sotto il peso degli aumenti (energia a parte, la farina, sempre stando ai dati Unipan, dai «30,7 euro al quintale» di febbraio, ha superato i «70 euro».

Il packaging costava «2.30 euro al chilo» fino a prima della guerra tra Russia e Ucraina. Oggi ne costa «6,50». Impennata anche per il lievito: «30 euro per uno stock di 10 chili», contro i «14 euro» di inizio '22. Anche i lievitanti per panini sono schizzati da «45 euro ai 57 euro al sacchetto»). Presto potrebbe mancare il pane dagli scaffali. 

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