Bombe a Ponticelli, scacco agli stragisti del clan De Luca Bossa

Sullo sfondo la faida esplosa tra il cartello De Luca Bossa-Minichini-Casella e la fazione dei De Micco-De Martino

Le bombe della camorra a Ponticelli
Le bombe della camorra a Ponticelli
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 18 Gennaio 2023, 08:00 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 09:15
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Colpo all'ala stragista della camorra di Ponticelli. Sei persone arrestate: in cella i mandanti e gli esecutori materiali dell'attentato dinamitardo che il 23 luglio scorso rischiò di provocare una tragedia, seminando il terrore tra gli abitanti di via Virginia Woolf. L'ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Direzione distrettuale antimafia e firmata dal gip Maria Luisa Miranda ha raggiunto Christian Marfella (figlio dell'ex boss di Pianura Giuseppe Marfella e di Teresa De Luca Bossa) Luca Concilio, Alessandro Ferlotti, Ciro Flauto, 20 anni, Lorenzo Valenzano, 29 annie Annamaria Amitrano (sorella la sorella del boss Domenico Amitrano, a sua volta destinataria, il 18 dicembre, di un altro raid dinamitardo che le distrusse l'auto).

Agli arrestati vengono contestati, a vario titolo, i reati di detenzione illegale di armi ed esplosivi, detenzione di stupefacenti e ricettazione, con l'aggravante della finalità mafiosa.

Sullo sfondo delle indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Napoli, la faida esplosa tra il cartello De Luca Bossa-Minichini-Casella e la fazione dei De Micco-De Martino.

Una guerra senza esclusione di colpi riesplosa nel 2020 durante la quale - scrive il gip - la cosca dei De Luca Bossa «ottenne la disponibilità di armi micidiali grazie al potere di approvvigionamento di tale organizzazione e contando sulle condizioni di omertà ed assoggettamento derivanti dal vincolo associativo, finalizzata anche mediante l'eliminazione fisica degli avversari».

Dopo il dissolvimento del clan Sarno, a Ponticelli gli equilibri di camorra sono diventati sempre più fragili, per non dire evanescenti. Il quartiere della zona orientale si è così trasformato in un teatro di frequenti azioni di fuoco, stese, omicidi e persino attentati dinamitardi.

Fuori di metafora: una situazione esplosiva, caratterizzata dalla escalation di violenze, culminate - appunto - nella fabbricazione e esplosione di bombe artigianali, ma capaci di uccidere. A corroborare il portato accusatorio ci sono anche le dichiarazioni di un pentito: si tratta di Antonio Pipolo, ex affiliato ai De Micco, che ha inquadrato anche la lunga trafila di raid e tentati omicidi commessi nel corso dell'ultima faida (tra questi, gli agguati ai danni di Luigi Aulisio e salvatore Chiapparelli, e i tentati omicidi di Rosario Rolletta e Rodolfo Cardone).

«Nel dicembre del 2020 - dirà il pentito ai magistrati dell'Antimafia partenopea - a Ponticelli vi era una tregua in atto tra i Casella-De Luca Bossa e i De Martino. Ma si trattava di una finta pace, ossia di una tregua funzionale agli affari delle organizzazioni. La cosa era stata possibile perché non c'era in libertà nessuno dei De Micco. 

 

In quel periodo i carabinieri del Nucleo investigativo lavorano alacremente, sottoponendo a intercettazioni telefoniche gli indagati. Tra loro c'è proprio Christian Marfella, che al cellulare parla e svela i piani dell'offensiva del clan. Scrive il gip: «le intercettazioni svolte nei confronti di Marfella confermano, riscontrando perfettamente le dichiarazioni del Pipolo, che lo stesso ha assunto il ruolo di capo nell'organizzazione costituendo un importante punto di riferimento per gli affiliati.

Nelle ore antecedenti l'attentato dinamitardo del 23 luglio, prima del raid, Ferlotti ed altri affiliati ai De Luca Bossa misero in atto anche una stesa contro i De Micco: questi ultimi notarono sul posto un 15enne nipote dei rivali, e lo picchiarono. Avendo avuto notizia del fatto, Marfella avrebbe dato il via libera alla spedizione punitiva con il posizionamento della bomba in via Woolf.

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Nelle carte dell'inchiesta c'è spazio anche per i traffici di droga gestiti dal cartello De Luca Bossa-Minichini-Casella, inquadrato nella sfera di influenza dell'Alleanza di Secondigliano. E proprio sugli affari sporchi dello spaccio si sarebbe consumata la rottura finale tra le opposte fazioni. I De Luca Bossa avrebbe imposto il pizzo sugli incassi delle piazze di spaccio rifornite dai De Micco. In quella controversia sarebbe intervenuto anche il clan Mazzarella, che sarebbe stato tra i fornitori di cocaina e hashish, e di qui sarebbe maturato l'accordo che i De Luca Bossa avrebbero restituito il denaro. 

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