Antonio Martiniello, architetto, ma anche imprenditore, nelle vesti di co-fondatore del progetto di restauro del chiostro cinquecentesco della chiesa di Santa Caterina a Formiello - nato con una precisa mission legata alla rigenerazione urbana nel cuore del centro storico - è l'unico napoletano tra quindici aziende ad aver vinto il bando di concorso per il progetto Vojext. Ovvero la realizzazione di un braccio robotico elettronico da mettere al servizio dell'artista e dell'artigiano. Un'idea molto particolare, creativa e soprattutto innovativa, che ha convinto la Commissione europea a puntare anche su OfficinaKeller, un laboratorio di idee - fondato da Martiniello - dove mettere insieme artigiani e creativi per sperimentare modalità innovative in grado di formare nuova forza lavoro attraverso l'inclusione sociale. Ma anche uno straordinario spazio di socializzazione, a disposizione di artisti italiani e stranieri, consapevoli di poter incontrare, da OfficinaKeller, professionalità eccentriche e variegate ma sempre legate al mondo dell'architettura, dell'arte, del cinema, del web.
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Architetto, andiamo con ordine. Partiamo dal braccio robotico.
«Progetto entusiasmante».
Pensava di riuscire a piazzarsi tra i magnifici quindici?
«Ci contavo. Sapevo di proporre qualcosa di diverso che avrebbe potuto catturare l'attenzione della Commissione. Una sfida che sono riuscito a vincere».
In che cosa consiste il suo progetto?
«Direi che parte tutto da un'idea ben precisa che ho della robotica».
Quale?
«Ho sempre pensato che i robot, in generale, dovessero contribuire a migliorare la qualità e l'efficacia del nostro lavoro. Il braccio elettronico, per fare un esempio, può liberarci da lavori noiosi e poco soddisfacenti, consentendoci di avere maggior tempo per concentrare l'attenzione su compiti più interessanti e creativi».
Da qui la decisione di partecipare al concorso europeo?
«Un'occasione che non avrei potuto perdere. Quel progetto sembrava fatto apposta per migliorare l'opera di artisti e artigiani».
Faccia un esempio di come pensa di utilizzare il braccio del robot.
«Immaginiamo un creativo che ha in mente di realizzare un'opera in legno. Ovviamente avrà bisogno di un bravo falegname. Con il braccio - dotato di un'applicazione ad hoc per lavorare il legno - potrà collaborare in prima persona con l'artigiano che, contemporaneamente, grazie al medesimo braccio, sarà sollevato dalle operazioni più lunghe e noiose per dedicarsi alla rifinitura dell'opera e al perfezionamento della tecnica».
Non c'è il rischio che il robot possa invece sostituire definitivamente l'artigiano?
«Proprio no. Senza la mano dell'uomo un'opera d'arte non potrebbe mai vedere la luce. Anzi, la robotica deve servire esattamente al contrario. Agevolare e migliorare il lavoro dell'uomo, non portarglielo via».
Quante aziende hanno partecipato al bando?
«Duecento. Siamo stati selezionati in quindici tra cui la Mercedes. Le italiane sono solo tre, inclusa OfficinaKeller. Avremo a disposizione 180mila euro».
A proposito di OfficinaKeller. Su che cosa state lavorando?
«L'obiettivo è sempre lo stesso: creare una nuova classe di giovani specializzati, basando la produzione di opere d'arte, oggetti di design e di merchandising, sull'expertise dei maestri artigiani a cui vengono affiancati ragazzi apprendisti a cui trasmettere gli antichi saperi».
La tutela dei mestieri di una volta, insomma.
«Non solo. OfficinaKeller ha sede nell'area dell'ex Lanificio, a Porta Capuana. Un vero esempio di rigenerazione urbana. Sono partito dalla decisione di recuperare un palazzo del centro storico, e sono arrivato a ospitare la cooperativa Dedalus che offre lavoro alle persone in difficoltà che abitano nel quartiere».
Un'operazione sociale, dunque, nel segno della solidarietà.
«La vera rigenerazione, per quanto mi riguarda, avviene soltanto con la riconversione sociale attraverso il lavoro. Ed è quello che sto cercando di fare».
Che cosa significa OfficinaKeller?
«L'idea del nome nasce da un ricordo: la mia carriera ha preso il via in Austria, in uno studio piccolissimo, sotto il livello della strada, praticamente una cantina che in austriaco si chiama keller».
Come mai decise di andare a lavorare in un altro paese?
«Avevo voglia di fare un'esperienza all'estero. Così partii per Graz, fu un periodo straordinario, ricco di occasioni e confronti».
Poi, però, è tornato.
«Nella scelta del posto dove concentrare le mie energie, Napoli ha prevalso. Qui tutto ciò che è nuovo (idee, influenze artistiche, correnti di pensiero, tecnologie o tendenze del gusto), viene subito rielaborato, mixato, ricontaminato, trasportato da un continuo movimento nascosto in una falsa staticità. I problemi di questa città sono altrove, non certo nell'apertura del pensiero e nella creatività».
Braccio robotico per artisti e artigiani,
così Martiniello ha vinto il bando europeo
di Maria Chiara Aulisio
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Martedì 14 Luglio 2020, 08:33
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