Convalida del fermo e misura cautelare in carcere per Pasquale Pezzella, il 36enne di Frattamaggiore indagato per tentato omicidio aggravato dalla premeditazione, commesso ai danni di Nicola Liguori, suo coetaneo, cosparso di benzina e dato alle fiamme mentre era seduto su una panchina, intento in una videochiamata con la fidanzata Giuseppina Mosca, 40 anni, di Casoria. È questa la decisione del gip del tribunale di Napoli Nord Daniele Grunieri, che ritenendo valide le prove e gli indizi presentati ha convalidato il fermo disposto lunedì scorso dal pm della procura di Napoli di Napoli Nord. Ieri mattina, nel corso dell'udienza che si è svolta nel carcere di Poggioreale, l'indagato assistito dall'avvocato Fernando Maria Pellino ha respinto con forza ogni accusa. Un'autodifesa appassionata: Pezzella ha detto che lui e Liguori si conoscono da piccoli, che non ha mai avuto alcun problema, discussioni e litigi con lui e poi ha aggiunto di essere arrivato sul luogo del tentato omicidio poco dopo, tanto da provvedere personalmente a spegnere le fiamme che ancora avvolgevano la seduta di assi di legno della panchina, mentre la vittima si era allontanata in una disperata corsa verso casa sua.
Anche l'avvocato difensore per più di un'ora ha illustrato al gip quelli che a suo parere erano i punti deboli dell'impianto accusatorio, chiedendo l'immediata scarcerazione del suo assistito «per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza». E dopo la decisione del gip, il legale ha preannunciato il ricorso al Tribunale del Riesame. «Verrà presentato già nelle prossime ore promette l'avvocato Pellino perché ritengo che le prove fornite siano insufficienti per delineare qualsiasi responsabilità per il mio assistito, che affronta questa prova con animo sereno, convinto di essere innocente». Il gip però, evidentemente, ha valutato diversamente le prove che costituiscono l'impianto accusatorio, raccolto dagli inquirenti dando principalmente peso alle dichiarazioni di Biagio Giordano, fratello di Liguori, e a quelle della mamma, Anna Liguori. Nei verbali dei due familiari della vittima c'è forse la prova che inchioderebbe l'indagato alle sue presunte responsabilità.
Il fratello e la mamma del ferito, oltre a dichiarare che lo stesso Nicola, nei minuti successivi all'azione devastante delle fiamme sul suo corpo, aveva loro riferito che a ridurlo in quello stato era stato Pasquale Pezzella, hanno anche aggiunto di aver ricevuto pressioni da parte del padre dell'indagato e di altri suoi parenti perché non denunciassero il figlio, impegnandosi a pagare tutte le spese mediche necessarie. Presumibilmente è questa circostanza ad aver convinto il giudice della colpevolezza di Pezzella, nome che mamma Anna e Biagio Castaldo avevano indicato nel corso di interviste alla stampa e alle tv, prima ancora di decidersi a sporgere denuncia, preoccupati di possibili ritorsioni. L'indagato, infatti, è il nipote di Pasquale Pezzella, detto Pasquale a muta, ex capozona di camorra a Frattamaggiore, attualmente in carcere dove sta scontando l'ergastolo per omicidio e altri reati di stampo camorristico. Un nome che ancora conta e che incute ancora paura, soprattutto a chi vive a pocgi metri di distanza dai suoi parenti. Nel Policlinico di Bari, dove è ricoverato da venerdì presso la Rianimazione del Centro Grandi ustionati (al Cardarelli non c'era posto), Nicola intanto lotta per la vita. Ha bruciature sul 45 per cento del corpo e il suo nemico maggiore, in questa fase, è il rischio di infezioni. È stabile, ma i medici non si sbilanciano sull'immediato futuro.