Bruno Carbone, il narcotrafficante della camorra bloccato in Siria: il mistero della milizia jihadista

Il narcos del clan di Imperiale fermato a Kaftin dall'Hayat Tahrir al Sham

Bruno Carbone, il broker dei narcos fedelissimo di Raffaele Imperiale
Bruno Carbone, il broker dei narcos fedelissimo di Raffaele Imperiale
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 18 Novembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 16:32
4 Minuti di Lettura

Bruno Carbone, il broker dei narcos fedelissimo di Raffaele Imperiale, prima di transitare in Turchia e quindi essere portato in Italia, è stato catturato in Siria da una milizia jihadista fino a pochi anni fa affiliata ad al Qaeda. A darne notizia è stata una comunicazione ufficiale del ministro dell'Interno dell'autoproclamato Governo di Salvezza Nazionale siriano, Muhammad Abd al-Rahman. «La polizia di frontiera - ha scritto il ministro - ha arrestato Carbone lo scorso marzo, mentre lui tentava di attraversare le aree liberate». Carbone quando è stato catturato era nell'area siriana del governatorato di Idlib. Ne è seguita un'inchiesta interna dell'autoproclamato governo che si contrappone al regime di Bashar al Assad, che ha consentito agli ex miliziani di al Qaeda di riconoscere Carbone come il ricercato narcotrafficante internazionale. Di lì la decisione di consegnare il broker napoletano dei narcos alle autorità turche, che lo hanno poi fatto arrivare mercoledì scorso a Ciampino per essere consegnato alla polizia. La notizia del transito e della cattura di Carbone in Siria era circolata sin dalle primissime ore del suo arrivo a Ciampino, ma giovedì non è stata confermata in un incontro informale tra i giornalisti e gli investigatori che si è tenuta presso la Questura di Napoli. 

La milizia che avrebbe catturato Carbone nella città di Kaftin, a nord Idlib, è l'Hayat Tahrir al Sham (Hts), l'Organizzazione per la Liberazione del Levante. Si tratta di un'organizzazione politica e armata islamista sunnita coinvolta nella guerra civile siriana, in passato legata al fronte di al Nusra e, quindi, ad al Qaeda. Quella di Carbone potrebbe essere la prima estradizione nota fra un gruppo jihadista e un Paese occidentale. A far pressioni sui miliziani dell'opposizione siriana potrebbero essere stati probabilmente gli Emirati Arabi Uniti, che hanno così favorito il transito del broker dei narcos dalla Siria alla Turchia. Quella di Carbone è una figura già finita più volte all'attenzione delle cronache per alcune circostanze originali. Proprio il Mattino aveva dato notizia in passato delle confessioni rese dal collaboratore di giustizia Andrea Lollo, il quale aveva raccontato che Carbone fosse stato già arrestato a Dubai e, per il suo rilascio, lo stesso Raffaele Imperiale avrebbe pagato agenti dell'Interpol. L'altra particolarità riferita a Carbone è quando nel gennaio del 2020 si diffuse la notizia di un suo arresto a Dubai, ma in realtà dopo quasi un mese di carcere si scoprì che l'uomo arrestato non era Carbone, ma l'imprenditore napoletano Domenico Alfano, reo di avere una forte somiglianza con il broker della droga.

Video

Cosa ci faceva Bruno Carbone in Siria? Sarà probabilmente la domanda più importante a cui dovrà rispondere il narcotrafficante originario di Giugliano quando i magistrati glielo chiederanno.

Era lì perché nessuno avrebbe mai immaginato di andare a scovarlo in un Paese che da anni versa nella guerra civile? Si ritiene che anche la Siria sia un Paese cruciale nelle rotte della droga, ma in quell'area sono maggiormente diffuse droghe sintetiche come il Tramadol e il Captagon, la cosiddetta droga del jihad. Proprio la diffusione di queste droghe negli ultimi anni ha quasi trasformato la Siria in un narco-Stato, lo stesso regime siriano di Bashar al Assad ha nel traffico di droga una delle sue principali fonti di denaro. Non sono sostanze normalmente commercializzate dai clan di camorra. Resta da capire se Carbone avesse fiutato l'affare. L'alternativa è che il broker volesse utilizzare anche la Siria come Paese di transito o di stoccaggio della droga. Del resto l'organizzazione di Carbone e Imperiale, sgominata due giorni fa con 28 arresti, ha dimostrato di riuscire a movimentare la droga in tutto il mondo, compresi carichi partiti da Villa Literno e giunti in Australia. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA