Processo per il calciatore ucciso a Miano, la sorella: «Chiediamo giustizia»

Processo per il calciatore ucciso a Miano, la sorella: «Chiediamo giustizia»
di Giuliana Covella
Giovedì 11 Aprile 2019, 18:12 - Ultimo agg. 20:07
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«Mio fratello era un ragazzo umile e onesto. Con questa partita organizzata insieme ai suoi amici abbiamo voluto ribadirlo alla vigilia del processo». Francesca Perinelli, 19 anni, sorella di Raffaele, il calciatore di 21 anni ucciso a coltellate a Miano lo scorso ottobre per futili motivi, parla alla vigilia della prima udienza del procedimento penale a carico di Alfredo Galasso. Una data importante per far luce sulla morte di un ragazzo amato da tutti e con la grande passione per il calcio. Raffaele era infatti un terzino sinistro, al momento della tragedia senza contratto, dopo le stagioni al Sant'Agnello, al Gragnano e alla Turris di Torre del Greco. Il 21enne lavorava in una ditta di pulizie e di pomeriggio si allenava sui campi di calcio del quartiere sognando una carriera da professionista. Un sogno stroncato lo scorso 6 ottobre.
 
 

Proprio domenica scorsa si era svolta una partita per ricordare il giovane all’Arci di Scampia. All’evento, organizzato dall’ex calciatore Salvatore Sibilli, dall’allenatore Luca Pini (ex mister di Raffaele) e dal responsabile AIC in Campania Antonio Trovato, hanno partecipato diversi calciatori, ex colleghi e amici del 21enne e don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano che pochi giorni dopo la morte di Perinelli lanciò in un lungo editoriale sul quotidiano “Avvenire” la sua preghiera non solo per il giovane ma anche per il 31enne che lo accoltellò. «Ora - dice la ragazza, che dopo la morte del fratello indirizzò una lettera ai giudici per invocare giustizia - ci auguriamo che venga applicata la legge. Ma vogliamo soprattutto che i magistrati capiscano che si è trattato di omicidio premeditato perché chi ha ucciso Raffaele pochi giorni prima girava armato con un coltello e diceva di avere paura di mio fratello, come ha dichiarato più volte». Domenica accanto a Francesca all’Arci di Scampia c’era anche mamma Adelaide, con cui invocano giustizia: «in molti hanno infangato la memoria di Lello per il passato legato a nostro padre (affiliato al clan Lo Russo ucciso in un agguato nel 2003, ndr), ma noi teniamo a far capire che pur essendo cresciuti senza padre e ad avere avuto quello come esempio negativo cioè di una scelta di vita sbagliata, abbiamo percorso la strada della legalità, dello studio e del lavoro onesto e la partita di domenica scorsa ne è l’esempio. Lo sport e il calcio intesi come valori sani, come lo era Raffaele». 
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