Camorra a Napoli, il comandante provinciale dei carabinieri Scandone: «Troppi silenzi, ora investiamo sui giovani»

Camorra a Napoli, il comandante provinciale dei carabinieri Scandone: «Troppi silenzi, ora investiamo sui giovani»
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 23 Aprile 2022, 12:00 - Ultimo agg. 24 Aprile, 09:03
4 Minuti di Lettura

«I reportage che il vostro giornale ha realizzato forniscono un utile contributo comunicativo nel descrivere la realtà che abbiamo di fronte, una situazione in cui il contrasto alla criminalità organizzata continua a rappresentare una priorità assoluta per il nostro Paese. È fondamentale non abbassare i riflettori su queste realtà perché qui si gioca un confronto decisivo per la nostra comunità. La presenza pervasiva del fenomeno camorristico rappresenta un significativo impedimento alla libera fruizione dei diritti sociali, economici e politici dei cittadini. Il silenzio aiuta la criminalità organizzata. Ricordo l'appello di Paolo Borsellino: Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in  televisione, sui giornali. Però parlatene». Per esaminare la situazione della criminalità nel Napoletano, il comandante provinciale dei carabinieri di Napoli, Enrico Scandone, prende spunto dal viaggio del Mattino - un itinerario nell'hinterland asfissiato ancora da camorra, omertà e connivenze.

Video

Perché non ci si riesce ad affrancare da questa situazione?
«Qui si vivono pesanti condizionamenti che derivano dalla storia di questi territori, in cui la depressione economica e carenze strutturali del passato hanno condizionato il presente, creando le condizioni per lo sviluppo e il persistere dei fenomeni di criminalità organizzata.

Ma non è giusto dire che nulla sia cambiato: abbiamo condotto quotidianamente operazioni, eseguito arresti e grazie al fondamentale lavoro del prefetto eseguito anche tanti provvedimenti interdittivi. Solo a Caivano l'Arma ha messo a segno quattro operazioni, arrestando per reati associativi 120 persone. In un'altra zona calda, a Frattamaggiore e Frattaminore, nell'arco della notte viene sempre garantita la presenza di tre pattuglie sui comuni interessati, gli stessi nei quali sotto il coordinamento della Dda abbiamo dato risposte forti ai clan. Ma la lotta alla criminalità organizzata deve iniziare dai giovani. Crediamo nei giovani e prosegue la campagna di diffusione della legalità nelle scuole, soprattutto nelle aree più sensibili».

Ci sono ancora tanti, troppi condizionamenti criminali nella pubblica amministrazione.
«Su questo sottolineo la guida del prefetto di Napoli, che segue con grandissima attenzione le dinamiche locali: noi carabinieri, grazie alla capillare presenza sulla provincia, monitoriamo costantemente le realtà locali segnalando ogni aspetto che possa meritare gli approfondimenti del caso. Purtroppo spesso negli appuntamenti elettorali si verificano ciclici ritorni al passato. Su questo tema spero che si recuperi un'etica della cosa pubblica, che si tuteli il prestigio delle istituzioni. Ma è necessario che i cittadini prendano maggiore coscienza che in quelle urne si gioca il loro futuro e quello dei loro figli, un valore che non è negoziabile».

Per scongiurare l'assalto della mafie ai fondi del Pnrr come vi state muovendo?
«Il Pnrr è un'occasione imperdibile per il Paese. Circondarla di una cornice di sicurezza per farne esplodere il potenziale è un obiettivo strategico. Anche in questo caso saranno fondamentali gli strumenti delle informazioni antimafia e il continuo monitoraggio delle imprese che si affacceranno sui diversi progetti».

Tre giorni fa avete inferto due colpi importanti ai clan Moccia e ai cartelli di Sant'Antimo. E ieri avete scoperto un altro esercito di percettori di reddito che non ne avevano diritto. L'illegalità regna sovrana?
«Quelle di Afragola e Sant'Antimo rappresentano due inchieste importantissime: la prima ha scoperto la dimensione imprenditoriale ai più elevati livelli cui i Moccia aspirano. La seconda tocca il tema del coinvolgimento di amministratori locali con personaggi della criminalità per il conseguimento dell'affermazione elettorale. Quanto ai falsi percettori di reddito, io dico che l'affermazione dello Stato non è solo contrasto alla criminalità organizzata, ma passa anche attraverso il presidio della legalità nella sua dimensione economica e sociale. Nel caso del falso reddito, uno strumento concepito quale forma di assistenza alle categorie economicamente più deboli viene pesantemente compromesso dalle devianze e, spesso, dalla fragilità delle procedure di elargizione. I numeri di quanto accertato danno la dimensione della gravità del fenomeno, ma anche dell'impegno che l'Arma mette in campo per valorizzare uno strumento di supporto ai cittadini. Non vi è alternativa all'affermazione della legalità e bisogna crederci. Sempre». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA