Pizzo diviso fra tre clan e bombe per le vittime: chiesti 90 anni per 9 boss nel Napoletano

Pizzo diviso fra tre clan e bombe per le vittime: chiesti 90 anni per 9 boss nel Napoletano
di Dario Sautto
Sabato 18 Gennaio 2020, 08:43
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Bombe per intimidire le vittime e racket: chieste le condanne per nove tra boss ed affiliati a tre clan di camorra dell'area stabiese. Sono novanta anni totali di carcere, quelli chiesti dal pm Giuseppe Cimmarotta, nello stralcio del processo «Olimpo» che si sta celebrando con rito abbreviato dinanzi al gup del tribunale di Napoli. La maxi inchiesta della Dda, con le indagini del commissariato di polizia di Castellammare e della Mobile di Napoli, il 5 dicembre 2018 aveva portato all'arresto di una quindicina di uomini e donne ritenuti ai vertici di tre clan di camorra di Castellammare e dintorni.

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IL SISTEMA
Il pizzo era gestito dai clan Cesarano, D'Alessandro e Afeltra secondo una spartizione territoriale e accordi che prevedono confini territoriali ben precisi, con Castellammare divisa a metà «per competenza», e il racket ad Agerola e Pimonte gestito da un'altra cosca. Il processo madre è in corso con rito ordinario al tribunale di Torre Annunziata, con il principale indagato Adolfo Greco alla sbarra insieme ad altre cinque persone con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, per aver imposto l'assunzione di un parente del boss Paolo Carolei dei D'Alessandro in un supermercato e aver «trattato» il pizzo tra gli Afeltra e un imprenditore suo amico di Agerola. Ieri erano imputati in nove. Innanzitutto Teresa Martone, la 73enne vedova del defunto capoclan stabiese Michele D'Alessandro, accusata dell'estorsione ai danni proprio di Adolfo Greco: per lei, incensurata e ai domiciliari, la richiesta dell'accusa è di 9 anni di reclusione. Un anno in più (10 ciascuno) per i tre uomini di azione del clan Cesarano: l'allora reggente latitante Nicola Esposito «'o mostro», Aniello Falanga e Giovanni Cesarano detto «Nicolino», accusati di una serie di episodi estorsivi anche ai danni di imprese del mercato dei fiori di Pompei, già detenuti e condannati negli ultimi anni per estorsione.

Tra Pimonte e Agerola il pizzo era un affare degli Afeltra: per il capoclan Raffaele «'o burraccione» e suo nipote Giovanni Gentile (entrambi arrestati dopo una breve latitanza) la richiesta è di 10 anni ciascuno di carcere, un anno in meno per il fratello del boss Francesco Afeltra, intercettato anche in conversazioni con Adolfo Greco. Infine si arriva a Gragnano, dove l'Antimafia ha ricostruito un giro di estorsioni legate al clan D'Alessandro per gestire i lavori condominiali. Per l'imprenditore edile Liberato Paturzo è stata chiesta la condanna più alta (12 anni di reclusione) in virtù di una precedente condanna scontata negli anni 90. Chiesti 10 anni di reclusione anche per il suo uomo di fiducia Vincenzo Di Vuolo, intercettato per mesi durante dialoghi tra i due. A febbraio è stata fissata la discussione per il collegio difensivo (formato tra gli altri dagli avvocati Massimo Autieri, Antonio Iorio, Francesco Attanasio e Alfonso Piscino), che proveranno a smontare le pesanti accuse nei confronti dei loro assistiti.

IL LATITANTE
Nell'altro processo, in programma una settimana prima, insieme a Greco sono imputati il boss Luigi Di Martino «'o profeta», ritenuto l'ultimo reggente di spessore del clan Cesarano e ora detenuto al regime del 41bis perché accusato di aver organizzato un omicidio dal carcere. Con lui, ci sono Attilio Di Somma (accusato di una bomba al supermercato Sole 365 di Castellammare), Raffaele e Michele Carolei (fratelli di Paolo, ex reggente del clan D'Alessandro), e Umberto Cuomo, macellaio di Agerola, amico di Greco e uomo vicino agli Afeltra. Ancora latitante, dunque non a processo, Antonio Di Martino, figlio di Leonardo e attuale reggente del clan di «famiglia» di Gragnano.
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