Clan Licciardi, giovani e incensurate: «prestanome per le aste»

Clan Licciardi, giovani e incensurate: «prestanome per le aste»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 11 Agosto 2021, 12:09 - Ultimo agg. 12 Agosto, 09:10
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Funziona in questo modo: un prestanome della camorra, si presenta in banca con una partita iva in tasca. È incensurato e lavora, è giovane (tra i 25 e i 30 anni, il più delle volte è una donna) chiede l'acquisto di un appartamento o di un locale commerciale (massimo 150mila euro) che riesce ad ottenere senza grosse difficoltà.

Inizia così una trama criminale diventata negli ultimi anni una delle voci economiche più redditizie (e a basso rischio) per la camorra di Secondigliano. Una storia di mutui e aste giudiziarie, che passa attraverso la complicità di impiegati del Tribunale, le minacce a quanti provano ad acquistare un bene pignorato e che frutta alla camorra due volte: perché consente di ottenere mutui che non vengono restituiti; ma anche di riacquistare facilmente (e a basso costo) un bene pignorato, che consente anche e comunque di ottenere un altro vantaggio formidabile per la tenuta di una organizzazione camorristica: il riciclaggio di denaro sporco, il reimpiego di capitali di origine illecita in un bene che - passando attraverso il provvedimento di un Tribunale - diventa bene pulito, assegnato legalmente, quindi in grado di far fruttare i beni ricavati anche grazie a omicidi, armi e droga.
Affari che interessano diversi clan cittadini, soprattutto quelli di Secondigliano, secondo quanto emerge dal decreto di fermo a carico di Maria Licciardi.



È l'ipotesi turbativa d'asta, a proposito di un appartamento pignorato e messo al bando che interessava il marito di una nipote della Licciardi, ma anche altri clan della galassia di Secondigliano. Non è un caso che per questa storia vengono convocati dalla zia soggetti del calibro di Vincenzo Di Lauro («vestito di nero, con lo zuccotto nero e la mascherina bianca», si legge nelle carte della Dda di Napoli), i capi della Vinella Grassi (i cosiddetti girati), che vengono gentilmente (si fa per dire) invitati da Licciardi a fare un passo indietro: quell'appartamento è roba mia - dice - puntate ad altro. E a proposito dell'atteggiamento remissivo assunto dai convocati, Maria Licciardi risulta addirittura sferzante nei confronti di boss della camorra cittadina giunti nel suo appartamento. In sintesi, la donna commenta così parlando a una parente: «Saranno pure capi, ma davanti a me diventano tutti cani di pecora».

Via Toledo 106, dunque, asta del 21 gennaio scorso. È qui che va di scena un copione che sa di già visto: la casa che fa gola al nipote di Maria Licciardi viene bandita, inutile dire che gli altri clan in questo caso sono costretti a fare un passo indietro. Eppure, ad ascoltare le intercettazioni, lady camorra ha comunque deciso di vendicarsi nei confronti di un soggetto legato ad altre organizzazioni che si sarebbe opposto a cedere l'appartamento.
Ecco cosa risponde la presunta madrina di camorra: «Devo far passare un poco di tempo ma devo far fare una bella mazziata a Decio, gli devo far schiattare la testa, disse che pure lui apparteneva (nel senso che pure lui era legato alla camorra) e che voleva comprarsi tutta la casa.

Ora, per non dare nell'occhio, devo far passare un po' di tempo, poi devo fargli schiattare la testa».

E ancora, sempre rivolto all'uomo che voleva entrare nel business delle aste: «Diglielo a Decio, che tiene i brufoli e si è confuso con gli attributi». Parola di Maria Licciardi che, due giorni fa, si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Difesa dall'avvocato Edoardo Cardillo, ha preso tempo per leggere le carte, per rivedere il film della sua vita recente. Summit, incontri, abbracci, sfide, ordini, ultimatum, consigli, strategie. Eccola la storia che emerge da intercettazioni e filmati, lei che usava squadrette di bonificatori in gradi di annientare le cimici messe dagli inquirenti. Decisivo il lavoro del Ros, agli ordini del tenente colonnello Andrea Manti, sotto il coordinamento dei pm Celeste Carrano, Giusi Loreto e Antonella Serio.

Aveva una squadra di informatori e di bonificatori, che la informavano della presenza delle forze dell'ordine, del possibile blitz contro il suo clan. Ed è così che lo scorso gennaio, decide di scappare di notte in pigiama e vestaglia (come raccontano le immagini del Ros), temendo gli arresti. Decide di non vestirsi, perché - come racconta ai suoi - se mi fermano sotto casa in pigiama, posso sempre dire che sto andando in ospedale per una emergenza.
Si occupa di tutto, la settantenne, viene interessata sulla vendita al dettaglio di alcuni negozi e impone ordini: c'è chi potrà vendere acqua minerale e chi sarà autorizzato a vendere mottini (dolci, merendine), in modo da non alterare le regole del mercato imposte dalla camorra.

Un sistema criminale che va dalle aste alla politica, dall'acqua minerale si mottini, che si infrange con il blitz del ros a Ciampino. Andava in vacanza dalla figlia Regina Teghemie, che - assieme al marito Errico Tranchino, lavorano nel campo dell'import ed export a Getafe, a sud di Madrid. Sugli affari di Regina, tra alberghi nel Napoletano e food all'estero, probabile che siano in corso le indagini. Biglietto di sola andata per Malaga, con prenotazione in un villaggio turistico, vacanza interrotta sul nascere dalle manette del Ros.
 

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