Uccisi e sciolti nell'acido, chiesti sei ergastoli per boss e killer di due clan

Uccisi e sciolti nell'acido, chiesti sei ergastoli per boss e killer di due clan
di Viviana Lanza
Venerdì 13 Ottobre 2017, 21:10
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Attirati in una trappola con un appuntamento nella sala biliardo, uccisi, seppelliti in un terreno alle spalle delle palazzine di via Janfolla a Miano e tre anni dopo fatti sparire per sempre nell’acido. È una ricostruzione da brividi quella del duplice omicidio di Massimo Frascogna e Ruggiero Lazzaro, affiliati al clan Amato-Pagano scomparsi dieci anni fa. Il pubblico ministero della Dda Enrica Parascandolo l’ha ripercorsa in aula, concludendo la sua requisitoria con una richiesta di ergastolo per i sei imputati a processo. Il massimo della pena è stato chiesto per Cesare Pagano, capo degli scissionisti, per Oscar Pecorelli e Raffaele Perfetto, Rito Calzone, Giuseppe Gallo e Mario dell’Aquila. Venti anni di reclusione è la condanna chiesta invece per i collaboratori di giustizia Antonio Lo Russo e Biagio Esposito. Il processo si svolge con rito abbreviato davanti al giudice Luisa Toscano. La parola ora passa alla difesa, tra gli altri i difensori gli avvocati Domenico Dello Iacono, Annalisa Senese, Luigi Senese. E per fine mese è attesa la sentenza.

Delle due vittime si persero le tracce la sera del 26 luglio 2007. Le indagini ipotizzarono la matrice camorristica ma è stato con il pentimento di un ex uomo degli scissionisti e del giovane ex boss di Miano che è stato possibile chiudere il cerchio. Nella ricostruzione che è stata fatta, Frascogna e Lazzaro erano due sentinelle impegnate nelle piazze di spaccio gestite dagli Amato-Pagano. Erano sospettati di aver picchiato un ragazzo senza motivo e per questo il boss decise di eliminarli. Epurazione interna, dunque. A quel tempo gli scissionisti avevano un accordo con i Lo Russo in base al quale potevano scambiarsi i killer per le loro azioni di sangue. Fu così che Lo Russo accettò di far uccidere le due sentinelle per conto di Pagano. E’ questa l’accusa.

Per attirare i due giovani nella trappola si pensò di far credere loro che Cesarino era disposto a chiudere un occhio su quel pestaggio. Frascogna e Lazzaro uscirono di casa in moto. Si recarono all’appuntamento sereni ma appena misero piede nel locale, uno dopo l’altro, furono uccisi a colpi di pistola. Il loro sangue macchiò solo il grande tappeto che il commando aveva usato per coprire il pavimento della sala e fare più presto a eliminare tracce.
 cadaveri furono seppelliti in un terreno dietro le case popolari di via Janfolla. Quando tre anni dopo, a novembre 2010, il capo della camorra di Miano Salvatore Lo Russo, padre di Antonio, iniziò a collaborare con la giustizia si ebbe il timore che qualcun altro potesse pentirsi e indicare il nascondiglio dei due cadaveri. Antonio Lo Russo ha spiegato da pentito questa fase del piano criminale: «Ero latitante, mi trovavo in Polonia e ordinai di spostare i corpi e di scioglierli nell’acido - ha ricordato - Per farmi sapere che il servizio era stato fatto doveva scrivermi “abbiamo trovato mia cugina Rosa”». Andò tutto secondo i piani. E con una mail il capo fu avvisato della definitiva distruzione dei due corpi.
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