Vasto, due clan in guerra per il racket agli immigrati

Vasto, due clan in guerra per il racket agli immigrati
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 16 Dicembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 10:03
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Sono due i cartelli criminali che si contendono la zona del Vasto. Fino a un anno fa, il regime camorristico era interamente controllato dal clan Contini, mentre oggi lo scenario è meno monolitico. Ci sono incursioni di soggetti ritenuti legati al clan Mazzarella, storicamente rivali dell'Alleanza di Secondigliano, dunque degli stessi Contini (che dell'Alleanza rappresentano è la colonna centrale, assieme ai Licciardi e ai Mallardo). È in questo scenario che vanno calate le parole di denuncia rese da Giacob Onu, il commerciante nigeriano (da almeno venti anni in Italia), gambizzato sette giorni fa al Vasto. Parole cariche di rabbia e di determinazione, per un attentato che - a suo giudizio - ha una sola matrice: quella estorsiva. Al Mattino, due giorni fa, Giacob Onu ha spiegato: «Mi hanno ferito perché mi sono rifiutato di pagare il pizzo. Sono venuti più di una volta nel mio negozio, hanno chiesto soldi che non ho voluto dare. Sono passati alle vie di fatto: prima mi hanno danneggiato la saracinesca del negozio, poi mi hanno colpito alle gambe». In attesa di un delicato intervento chirurgico, il commerciante ribadisce il concetto: «Lavoro in via Venezia in modo onesto, ho un negozio che mi serve ad assicurare una vita dignitosa a mia moglie e ai miei figli, purtroppo però qui nella zona il pizzo lo pagano tutti. E l'attentato che ho subìto serve anche a terrorizzare gli altri commercianti della zona».
 

 

Tocca al penalista Hillary Sedu sgomberare il campo da ogni suggestione negativa sulla vita del suo assistito: «Intendo chiarire che il mio cliente è vittima di un atto orrendo, non ha alcun legame con droga o malaffare, essendo questi un immigrato dedito al sacrificio per mandare avanti il proprio nucleo familiare (per altro composto da figli che hanno la cittadinanza italiana) in modo onesto e rispettoso delle leggi».

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Un concetto scandito a chiare lettere, anche alla luce di quanto comparso sui media nelle prime ore successive all'agguato, a proposito di presunti legami tra la persona ferita e il mondo della droga: «Non ci sono contatti tra il mio assistito e il malaffare - assicura l'avvocato Sedu - che ha denunciato il racket e per questo motivo si trova in un letto di ospedale».
 

Una vicenda amara, come sempre accade quando viene usata violenza su un cittadino inerme. È il nove dicembre scorso quando due soggetti dal volto travisato da un casco sparano contro il commerciante. Un agguato che avviene a pochi passi dalla bottega gestita dal nigeriano (un negozio dove si vendono vestiti e monili etnici), nel pieno del via vai di persone. Traffico impazzito, paura tra la gente, tanti spettatori e nessuna testimonianza raccolta dalle forze dell'ordine. C'è un video agli atti del fascicolo di indagine. Viene ripresa la scena del passaggio dei due killer (o aspiranti tali), che indossano gli stessi giubbini scuri e sono in sella a uno scooter. Uno dei due spara e rimonta in sella, per poi lasciare la zona.

Non si esclude alcuna pista, anche se il movente estorsivo resta quello principale. Si ragiona su quanto avvenuto di recente proprio in via Venezia, dove la saracinesca del commerciante gambizzato era stata danneggiata in più di un'occasione. Ed è stato lo stesso nigeriano, oggi costretto al ricovero in ospedale, a ribadire un concetto: «Volevano soldi, mi hanno chiesto la tangente, sono una persona libera e per i miei figli sogno un futuro con le spalle dritte».

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