Sesso, bombe e droga: la faida di Napoli Est invade il centro

Sesso, bombe e droga: la faida di Napoli Est invade il centro
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 19 Luglio 2018, 10:30 - Ultimo agg. 14:48
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Quando uno dei clienti sta per lasciare il bar, dopo aver acquistato guantiere di dolci, non ha un attimo di esitazione. Anzi, capisce che è il momento di scappare, senza neppure girarsi per capire cosa sta accadendo alle sue spalle. Ha da poco incrociato quei due personaggi con il casco e le mazze da baseball, non ha bisogno di altro per capire che di lì a poco si sarebbe scatenato l'inferno. E sono scene di violenza gratuita, quelle all'esterno di un negozio di via delle Repubbliche marinare, nella guerra infinita che vede contrapposti i Mazzarella ai Rinaldi. Sotto inchiesta finiscono così Salvatore Donadeo e Pasquale Troise che sono perfettamente consapevoli che le loro gesta sono immagazzinate in presa diretta dalle telecamere del locale e che sono pronti a montare in sella agli scooter dopo aver messo a segno l'ennesimo colpo in favore dei Mazzarella.
 

Guerra di racket, la stessa che si trascina dalla periferia orientale in via Pessina e in via Toledo, dove tra novembre e giugno scorsi si consumano gli incendi di due bar riconducibili agli imprenditori Buonavolta: bombe e fiamme a Shabby uno e due, colpiti i locali di due imprenditori ieri finiti in cella con l'accusa di aver smerciato droga. Inevitabile a questo punto una pista: gli agguati consumati in centro potrebbero essere un colpo di coda dei Rinaldi, contro uomini ritenuti legati ai Mazzarella. Ipotesi, che in attesa di riscontri fanno i conti con uno scenario di guerra che si è trascinato dalla periferia al centro cittadino. Ma torniamo agli episodi ricostruiti dal gip Roberta Attena, alla base della retata di ieri mattina.
 
Ci sono delle donne sotto inchiesta. È il capitolo regolamento di conti che risale all'agguato consumato all'interno del negozio Tristar il tre febbraio di tre anni fa, che solo per miracolo non coinvolge un bambino di soli due anni. Fatti privati, su cui intervengono i boss dei Mazzarella che impongono alle vittime - dopo aver subìto una raffica di spari nel proprio negozio - di non sporgere denuncia. Una vicenda nella quale viene indicata come mandante una donna. Si chiama Raffaella Boccia, mentre Napolitano e Santaniello vengono indicati come gli esecutori materiali di una sventagliata di proiettili nel chiuso di un negozio. Sette colpi, ad altezza d'uomo contro Angelo Capodanno, Paolo Capodanno e contro Mariarca Capodanno. Tutti giù, dietro al bancone, faccia a terra anche per il piccolo Antonio, che a soli due anni diventa il più giovane sopravvissuto a un agguato di camorra. Cos'era successo? C'era stato un litigio tra donne, tra Raffaella Boccia e Immacolata Fedele, storie private destinate a rimanere nel chiuso del procedimento in corso. Ma non è finita.

Dopo l'agguato, sono ancora i Mazzarella a mostrare i muscoli, con un intervento di Salvatore Donadeo nel tentativo di zittire le parti offese. Stando alle conclusioni della Dda di Napoli, sarebbe stato Donadeo a rappresentare ad Angelo e Paolo Capodanno e alla stessa Fedele Immacolata, che «li avrebbe fatti saltare in aria assieme a tutto il palazzo», perché «se avessero toccato Raffaella Boccia avrebbero toccato lui, dunque avrebbero messo in moto la vendetta dei Mazzarella». Dunque, niente denuncia, di fronte a quelle minacce aggravate dal fine camorristico.

Ma è una galleria di facce e di atti violenti l'ultima retata messa a segno nel cuore della periferia orientale. Sono tutti fatti riconducibili al 2015, in uno dei momenti di maggiore frizione tra le cosche della periferia orientale. Un controllo militare del territorio, al quale non sfuggono neppure i cani sciolti, quelli che «lavorano» in proprio. È il caso delle pressioni imposte da Salvatore Donadeo nei confronti di Vincenzo Sabatasso, «reo» di aver messo a segno il furto di 100mila euro in una banca. Chiaro il ragionamento fatto dal presunto boss dei Mazzarella: vennero esplosi dei colpi di pistola all'esterno del portone di casa del ladro, per imporgli un «regalo» di diecimila euro, come quota spettante alla camorra locale per il furto in banca. Stando alla ricostruzione della Dda, nel quartiere si era diffusa la voce della riuscita del colpo, l'indiscrezione era giunta al rappresentante del clan che era passato a battere monete. Piombo per fare la cresta nelle tasche di un presunto ladro, in uno scenario criminale che ora fa i conti con le nuove leve destinate a prendere le redini di un sistema radicato a San Giovanni dai primi anni Ottanta: un sistema solo scalfito da arresti e condanne, indagini e sequestri firmati in modo ricorrente dal pool anticamorra di Napoli.
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