Camorra, i killer come top manager: «Stipendi da 20mila euro al mese»

Camorra, i killer come top manager: «Stipendi da 20mila euro al mese»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 12 Maggio 2021, 00:25 - Ultimo agg. 20:02
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Trattati come top manager di una multinazionale, di quelli che gestiscono risorse economiche e capitale umano in giro per il mondo. Incassano ventimila euro al mese (quattro rate da cinquemila euro, per la precisione), anche se poi - all’occorrenza - possono attingere dalla cassa comune, che è quella che tiene in vita il traffico di droga nel cuore della città. Sono i killer di rione Traiano, a leggere le pagine dell’ultima retata contro i boss della droga. Undici arresti (nove in cella, due ai domiciliari), colpito il sistema economico e militare di Vincenzo Cutolo, noto come borotalco, che perde in due anni i principali punti di riferimento sul territorio: finisce agli arresti domiciliari la moglie Giuseppina Ostinato, mentre tra i destinatari della misura cautelare spiccano personaggi del calibro di Ciro Pauciullo (classe 1986), Vincenzo Pauciullo (del 1990), Vittorio Botta, Andrea Mennone, Paolo Perrella, Antonio Calone (classe 1967, in passato boss di Posillipo con l’investitura criminale di Maria Licciardi, di cui era autista); Fabio Annunziata, Giovanni Perrella, Giuseppe Mazzaccaro; mentre ai domiciliari finiscono Stefano Scevola, Patrizio Allard. 

Inchiesta condotta dai pm Francesco De Falco e Salvatore Prisco, sotto il coordinamento del procuratore Gianni Melillo, decisiva la ricostruzione dei carabinieri del comando provinciale di Napoli, guidati dal generale Giuseppe Canio La Gala. In oltre seicento pagine, il gip Finamore ha ricostruiti l’organigramma di un cartello noto come quelli della “44”, dal civico di via Marco Aurelio, al centro dei traffici di droga che da anni inondano Napoli, a cominciare dai quartieri residenziali o borghesi di Fuorigrotta, Chiaia e Posillipo. Associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, armi e il tentato omicidio di Francesco Minichini (vicenda contestata nei confronti di Fabio Annunziata) sono i punti centrali del nuovo atto di accusa contro i narcotrafficanti napoletani. C’era un patto, a leggere la misura cautelare, un accordo commerciale tra Vincenzo Cutolo e Antonio Calone, boss di Posillipo, tornato libero appena qualche anno fa. 

Una ricostruzione fondata in particolare sulle accuse di Gennaro Carra, che dal 2019 ha deciso di collaborare con la giustizia, aprendo lame di luce nei torbidi del sistema della cocaina.

Non solo traffici di stupefacenti, ma anche estorsioni e riciclaggio. Poi capitoli legati al calcioscommesse (uno degli affiliati gestiva postazioni di betting apparentemente legali, ma nate con operazioni opache), finanche a soggetti del mondo politico. 

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Ma torniamo al blitz messo a segno all’alba di ieri mattina. Ragioniamo con i numeri: «Un chilo di cocaina ti consente di incassare 60mila euro al mese», si legge nelle accuse a carico di Giovanni Perrella, mentre ogni settimana arrivano «pacchi di roba da 100mila euro». E non è tutto. Con lo spaccio al «telefonino», dalla Loggetta partono scooter verso Chiaia e Posillipo, per recapitare droga a domicilio.

Staffette che hanno interessato professionisti (cocaina in primis), studenti (la famigerata “amnesia” da venti euro al grammo), semplici cittadini che danno vita - anche durante i mesi del lockdown - ad un sistema criminale dove i boss e i killer incassano stipendi da top manager: fino a 20mila euro al mese per Ciro Pauciullo (cugino di Vincenzo Cutolo), che ha mano libera per attingere altre quote del sistema della droga. Ma non è tutto. Nel corso del blitz di ieri mattina, sono stati smantellati altarini e murales che veicolavano simboli di camorra: un altarino e un disegno su tavola in via Catone dedicati a Fortunato Sorianello, morto il 13 febbraio 2014 in un agguato camorristico; un altarino in via Palazziello dedicato a Pasquale Vigilia, morto il 18 dicembre 2012 in un agguato di stampo camorristico e un murale in via Nicola e Tullio Porcelli, nella zona della Loggetta, dedicato alla memoria di Renato Di Giovanni, deceduto il 27 gennaio 2017 anche in questo caso in un agguato di camorra. 

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