Camorra, Miano e le ceneri dei Capitoni: l’eredità dei Lo Russo scatena nuovi clan

Camorra, Miano e le ceneri dei Capitoni: l’eredità dei Lo Russo scatena nuovi clan
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 8 Febbraio 2018, 00:01 - Ultimo agg. 16:53
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In principio furono i Lo Russo. Padroni assoluti e incontrastati di un vasto territorio, quello che da Miano-Capodimonte si espande fin giù al Rione Sanità. Una cosca spietata e versatile: al punto da meritarsi quel soprannome che negli ambienti della malavita lunga la diceva su una potenza organizzativa capace di esprimersi facendo e disfacendo alleanze. Li chiamavano «i Capitoni» per l’abile capacità di sfuggire non solo alle inchieste giudiziarie che pure riuscivano a smantellare tanti altri clan; ma anche - e soprattutto - per la consolidata capacità di fare il doppio gioco negli accordi legati ai traffici illeciti.

Questa premessa è d’obbligo per capire e inquadrare ciò che oggi sta accadendo nei quartieri della periferia settentrionale del capoluogo campano. Territori di nuove faide e di terrore. Il vero punto di rottura che oggi produce sangue e morte a Miano, in quella che fu la stessa impenetrabile roccaforte dei Lo Russo, è segnata da tre date. Le stesse che segnarono il pentimento - e con esso l’avvio di una collaborazione con la giustizia - dei boss dei «Capitoni»: i fratelli Salvatore, Mario e infine Carlo. Fine di una epopea di camorra. E sipario su un sodalizio criminale capace di fatturare milioni di euro ogni anno grazie al subappalto dei traffici di droga, delle estorsioni e addirittura del franchising di killer agguerriti e specializzati a essere venduti al migliore offerente, di volta in volta, in qualcosa come venti metri quadrati del centro di Napoli.
 


Nuovi scenari
Tutto nasce da qui, da questo point break che ha scompaginato non solo gli equilibri di Chiaiano, Miano-Capodimonte-Sanità, ma anche gli scenari di mezza città. L’ambizione, fuoco vivo che continua ad alimentare le mire delle seconde e terze linee di un gruppo ormai in rotta, ha fatto il resto. Ed ecco così spuntare - dalle ceneri di una camorra nera - un nuovo gruppo: quello che fa capo ai Nappello. Da gregari dei Lo Russo a nuovi padroni di Miano e dintorni. 

L’emergente
Si chiama Valerio Nappello. Da tempo nel mirino di polizia e carabinieri, che lo tenevano sotto stretta sorveglianza investigativa, il giovane ex braccio destro dei Lo Russo avrebbe fatto la prima mossa. Pronto a vendicare la morte di suo padre, Carlo, detto ’o Pavone - assassinato sempre a Miano il 27 maggio del 2017 - si sarebbe dato da fare per riunire intorno a sé un agguerrito gruppo di fuoco e una «paranza» di fuoriusciti senza più riferimento dal gruppo dei «Capitoni». Avrebbe così pianificato una strategia tesa ad affermarsi come il nuovo boss della zona.
 
Gli interrogativi
Se questa premessa - sostenuta da numerose informative di polizia giudiziaria - è vera, allora resta da chiedersi chi, come e soprattutto perché abbia deciso di riaccendere le ostilità a Miano. Nel conto c’è da tenere anche un altro elemento: la presenza di altri sotto-gruppi che non aspettavano altro che il disfacimento del clan Lo Russo per farsi strada nel nuovo panorama criminale di Napoli nord. A cominciare dalle famiglie Stabile e Ferrara di Chiaiano, a loro volta satelliti del clan dei Capitoni fino a quando non avvenne il suo dissolvimento. Quello della camorra è uno scacchiere che conta molte, troppe caselle: e sul quale non combattono solo i «neri» e i «bianchi». Indecifrabili scenari seguono dunque questo ennesimo agguato di camorra avvenuto ieri a via Janfolla.

Le ipotesi
Davanti a questo scenario frammentato e ancora difficilmente decifrabile si possono solo fare due ipotesi. Che sono le stesse seguite in queste ore dagli inquirenti. Di sicuro qualcosa è accaduto in questi ultimi mesi per determinare uno strappo estremo tra i componenti di una compagine che appariva omogenea e compatta nel determinarsi quale unica, solida forza delinquenziale in campo. Che cosa è difficile, oggi, poterlo dire.

E veniamo alle ipotesi. La prima: il neonato clan Nappello avrebbe subìto defezioni al suo interno: al punto da determinare una scissione nella scissione. Ci sarebbero stati contrasti gravi al vertice e tra i neo-affiliati: e questo potrebbe avere rimescolato le carte (già confuse) all’interno del sodalizio. Forse questioni legate ai proventi derivanti dallo spaccio di droga, o da quelli che ancora riesce ad assicurare il racket delle estorsioni.

Seconda ipotesi. Dal silenzio apparente finora assunto dagli «eredi legittimi» della famiglia Lo Russo - nipoti dei boss, giovani rimasti nell’ombra - c’è qualcuno che avrebbe deciso di uscire allo scoperto per «riprendersi» ciò che viene in una logica di camorra considerato proprio. E - ammesso che ciò sia vero - questo duplice omicidio segnerebbe una vera e propria dichiarazione di guerra. 

La relazione Dia
A questo punto non si può non tener conto di quanto solo ieri pubblicato dalla relazione semestrale presentata dalla Dia al Parlamento.
C’è un capitolo - nell’ambito dei paragrafi dedicati alla Campania - interamente dedicato alle nuove dinamiche che agitano l’area nord di Napoli. Ripercorriamolo. «La crisi operativa e militare dei Lo Russo - si legge a pagina 118 del report - avrebbe lasciato spazi a nuovi clan. Tra questi, si segnala il gruppo Nappello, attivo nei quartieri di Piscinola e Miano al quale si contrappone il clan Stabile, con base a Chiaiano, alleato del gruppo Ferrara. Le tensioni, palesatesi già con una serie di agguati che nel mese di settembre del 2016 avevano colpito entrambe le compagini, si sono riacutizzate dopo il duplice omicidio - avvenuto il 27 maggio 2017 - di due soggetti legati ai Nappello, indebolito dagli arresti di alcuni affiliati indagati per estorsione aggravata dal metodo mafioso».

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