Camorra, il prefetto di Napoli: «Cancellare i murales dei due baby rapinatori, il Comune resta fermo»

Camorra, il prefetto di Napoli: «Cancellare i murales dei due baby rapinatori, il Comune resta fermo»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 13 Gennaio 2021, 12:00 - Ultimo agg. 19:52
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Si rivolge ai genitori che hanno il compito di educare un figlio nella nostra area metropolitana: «Insistere sulla scuola, al riparo dai guadagni facili», lontano dal crimine che porta - nella migliore delle ipotesi - al carcere. Poi al Comune, chiedendo che vengano rimossi quei murales di recente dedicati ai babyrapinatori uccisi da forze dell'ordine durante i loro colpi: «Ho chiesto più volte al Comune di far conoscere la sua posizione, perché per parte nostra questi murales sono un pessimo segnale e andrebbero rimossi. Stiamo aspettando una risposta». Parole nette da parte del prefetto Marco Valentini, che risponde a Il Mattino su alcuni episodi di cronaca che hanno scandito l'inizio dell'anno.

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La violenta rapina subita da un rider a Capodichino ha riproposto la questione dei controlli in città. Qual è la sua analisi, anche alla luce della protesta di due presidenti della municipalità per i controlli nei quartieri di periferia?
«Questo episodio ha giustamente colpito l'opinione pubblica, per la minore età di alcuni degli autori, per il possesso, da parte loro, di armi, e per il fatto che la vittima fosse un lavoratore che utilizzava il suo mezzo di trasporto per garantire un reddito alla propria famiglia.

Ho incontrato Giovanni Lanciato, esprimendogli fattivamente la vicinanza delle istituzioni. L'autorità giudiziaria, per parte sua, sta lavorando alla ricostruzione delle responsabilità. La complessa realtà criminale dell'area metropolitana di Napoli chiede alle forze dell'ordine un impegno quotidiano straordinario, perché numerosi e seri sono i fenomeni che mettono in pericolo la sicurezza collettiva, talora facilmente visibili altre volte meno evidenti. Questo impegno va sostenuto da tutti gli attori sociali, perché la sicurezza reale, non meno di quella percepita, non può essere delegata solo agli apparati, che operano e continueranno a operare con efficienza ed efficacia, ma occorre anche partecipazione, integrazione, coesione, rispetto, da parte di ciascuno, dei propri doveri civici e azioni convinte, per esempio nella dimensione sociale e del lavoro, da parte di chi ne detiene la responsabilità. La prefettura lavora, attraverso lo strumento del coordinamento, incessantemente in questa direzione».  

Uno dei punti centrali del dibattito cittadino riguarda invece la questione delle videocamere. Possiamo fare il punto?
«Nei mesi di giugno e luglio, insieme all'assessore Alessandra Clemente, ho svolto riunioni in tutte le dieci Municipalità, incontrando anche le associazioni di cittadini. Ne è scaturita un'agenda di impegni. Tutti i suggerimenti per fare meglio sono ben accetti. D'altro canto, sono convinto che chi ha responsabilità istituzionali sappia che a lui non compete segnalare problemi, ma contribuire in prima persona a risolverli. Sulla videosorveglianza, siamo a buon punto. Abbiamo completato il censimento, che comprende proprietari, manutentori e standard tecnologici, di tutti gli apparati riconducibili al sistema unitario di prevenzione situazionale, che vede oltre 750 dispositivi su Napoli. Abbiamo altresì mappato le aree d'implementazione, per le quali occorrono risorse da investire. Puntiamo a moltiplicare gli occhi sulla città, attraverso un sistema integrato pubblico-privato».

Recentemente il questore Giuliano ha ricordato che gli arresti dei rapinatori del rider non sono figli dell'attenzione mediatica sollevata dal video diventato virale. Condivide questa impostazione?
«Condivido pienamente quanto osservato dal questore Giuliano. Ci sono decine di operazioni delle forze dell'ordine che non ricevono attenzione dai media, perché non considerate interessanti secondo i parametri della comunicazione. Eppure, spesso richiedono intelligenza, lavoro, professionalità. Dunque il tema, per come proposto, andrebbe in realtà capovolto. La gran parte di coloro che commettono reati, vengono individuati e arrestati, magari dopo qualche settimana di investigazioni. L'arresto successivo interessa molto meno del fatto che l'ha originato, eppure rappresenta la risposta dello Stato in termini di sicurezza pubblica».

Se dovesse rivolgersi a una coppia di giovani genitori che vivono in periferia, quale consiglio darebbe loro?
«Educazione e cultura in ogni epoca storica sono state le chiavi di volta per la trasmissione di valori positivi di convivenza. A due giovani genitori consiglierei dunque uno stile di vita che promuova esperienze di comunità, ovviamente a partire dalla scuola. Il destino di chi si lascia attrarre da scelte diverse, purtroppo è segnato, ce lo dicono i dati dell'esperienza. Se si salva la vita, con ogni probabilità arriva il carcere. Un genitore responsabile deve provare a proteggere i propri figli, anche dall'illusione del denaro facile. Mi dispiace che in alcuni quartieri della città sia consentito celebrare con dei murales ragazzi che sono rimaste vittime di conflitti a fuoco con le Forze dell'ordine, come se si trattasse di eroi. Ho chiesto più volte al Comune di far conoscere la sua posizione, perché per parte nostra questi murales sono un pessimo segnale, e andrebbero rimossi. Stiamo aspettando una risposta. La linea del rispetto della legge rispetto al crimine grave non può essere messa in discussione, non avremmo speranza di tenuta sociale. Anche qui si tratta di educazione e di cultura, niente a che vedere evidentemente con la compassione umana per dei ragazzini che hanno fatto purtroppo scelte sbagliate».

Qual è il rischio nel mantenere in vita i murales di Ugo Russo e di Luigi Caiafa, i due babyrapinatori uccisi da forze dell'ordine?
«Che si alimenti un disvalore, che si promuova uno stile di vita meritevole di celebrazione. Lo dico, ribadendo il dolore e la compassione per la morte di due ragazzi».

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