Napoli, i re delle pizze contesi dai clan per il pizzo: minacce a Sorbillo, Vesi e Di Matteo

Napoli, i re delle pizze contesi dai clan per il pizzo: minacce a Sorbillo, Vesi e Di Matteo
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 30 Aprile 2021, 00:14 - Ultimo agg. 18:13
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«I nostri amici sono venuti a cercarci un pensiero, dobbiamo fargli un regalo di Pasqua. Facciamo 500 euro». È Salvatore Vesi, titolare delle omonime pizzerie in via San Biagio dei Librai e in via Bellini, ad ammettere ai carabinieri di essere stato taglieggiato dai Sibillo. Una specialità della casa quella del pizza-racket, così come hanno avuto modo di ricostruire i pm della Procura di Napoli Urbano Mozzillo e Celeste Carrano. Se Vesi ha ammesso ai carabinieri di aver dovuto pagare, i magistrati hanno pure ricostruito - nel fascicolo d’inchiesta che due notti fa ha messo sotto scacco il residuo clan di Emanuele Sibillo con 21 arresti - la strategia della tensione in atto ai Decumani con la sfida per il predominio del territorio tra il sodalizio dei Sibillo e quello dei Mazzarella che si contendevano anche altre pizzerie della zona da taglieggiare. 

Tra queste figurano il locale della famosa pizzeria Di Matteo, la trattoria Pizza e pummarola e poi, nello stesso periodo di tempo, l’ordigno esplosivo piazzato all’esterno della pizzeria Sorbillo in via dei Tribunali. Esercizi commerciali contesi in un territorio diventato incandescente a causa dello scontro tra i Sibillo e i Mazzarella. Uno scenario che non cambia neppure in seguito agli arresti “eccellenti” del clan Sibillo nel marzo del 2019 quando - proprio in seguito alla scoperta dei taglieggiamenti nei negozi nella zona di Forcella - vengono portati in carcere Vincenzo Sibillo, Giovanni Ingenito (“barbalunga”), Giosuè Napoletano (“o nannone”) e Giovanni Matteo (“o pinguin”), tutti legati da rapporti di parentela con il baby-boss scomparso. Lì dove vengono tolti dalla piazza i Sibillo arrivano gli emissari dei Mazzarella. Persino nel giorno stesso degli arresti, la mattina del 9 marzo 2019, ecco spuntare Antonio Iodice (“o chiuov”) - ritenuto organico al clan avversario di Es 17 - che si presenta nel pomeriggio nei locali di Pizza e pummarola a chiedere il pizzo: «Ora - dice ai proprietari - comandiamo noi». 

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Durante le ricorrenze pasquali del 2019 - è stato ricostruito grazie alle intercettazioni e alle telecamere installate anche in uno dei palazzi degli indagati - Salvatore Vesi è costretto a pagare ai Sibillo 500 euro. La richiesta arriva da una delle donne del clan, Maria Sabatelli, la quale chiede persino che la cifra le sia consegnata contestualmente alle pizze ordinate. Del resto, già in altre occasioni, era una consuetudine per il clan ordinare le pizze da Vesi senza neppure pagarle. Ad effettuare la consegna uno dei dipendenti della pizzeria, quest’ultimo anche lui indagato per favoreggiamento perché nel corso dell’interrogatorio reso ai carabinieri ha mentito sulla natura della dazione. «Mi hanno chiesto - ha detto il giovane - una tuta». Peccato che nel palazzo di via San Nicola al Nilo dove risiedeva Sabatelli, alias Miriana, i militari avessero piazzato le telecamere ricostruendo il tutto.

Se l’estorsione dei Sibillo a Vesi è andata a “buon fine”, tante altre non hanno avuto uguale esito in passato anche a causa delle rivalità tra il clan di “Es 17” e i Mazzarella.

Gli inquirenti hanno ricostruito la lunga scia del pizza-racket che parte già dal principio del 2019. L’8 gennaio di due anni fa vengono esplosi colpi d’arma da fuoco contro l’ingresso di Pizza e pummarola in via dei Tribunali, due giorni dopo i clan prendono di mira direttamente l’abitazione dei titolari del locale quando contro il loro balcone sono sparati dei colpi di pistola. La settimana successiva a essere presa di mira è la pizzeria Sorbillo sempre in via dei Tribunali con l’esplosione di un ordigno. Stanchi di questa strategia della tensione i titolari della trattoria Pizza e pummarola denunciano e ricostruiscono che, non appena sono stati tratti in arresto i Sibillo nel marzo del 2019, ecco che sono arrivati i Mazzarella a chiedere il pizzo più volte tramite Antonio Iodice, alias “o chiuov”. 

 

Spari sono avvenuti anche contro la serranda della pizzeria Di Matteo, ma i Sibillo accusano i Mazzarella del raid. Secondo il clan di “Es 17” si tratta di una strategia del sodalizio avverso per attirare l’intervento della polizia e ridurre ancora di più il raggio d’azione dei Sibillo. A sostegno c’è pure un’intercettazione tra i due baby-boss, Antonio Iodice dei Mazzarella e Giovanni Matteo dei Sibillo. «Sai sparare solo nelle pizzerie - rimprovera il cugino di Emanuele Sibillo a Iodice mentre i due si minacciano di morte e di uccidersi a vicenda - siete una banda di scemi».

Poi, dopo che Iodice prende in giro l’altro dicendo che sono un clan ormai sul lastrico, Matteo risponde con una frase raggelante. «A noi - dice il cugino di Sibillo - non ci servono i soldi, noi facciamo la malavita per stile di vita». Uno stile di vita che per paura di denunciare e la pervasività dei clan nella zona mette a repentaglio alcune delle attività più produttive della città come le più celebri pizzerie. Il pizza-racket dei Decumani non si ferma neppure dopo gli arresti. 

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