Napoli, la Madonna del boss sanguinario: ecco i quadri regalati da Nuvoletta alla chiesa

Napoli, la Madonna del boss sanguinario: ecco i quadri regalati da Nuvoletta alla chiesa
di Ferdinando Bocchetti
Venerdì 26 Marzo 2021, 00:09 - Ultimo agg. 27 Marzo, 09:25
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«Non dobbiamo ergerci a giudici di nessuno, siamo tutti peccatori e dobbiamo pregare anche per coloro che nella vita hanno commesso errori». Don Salvatore Trionfo, il parroco della chiesa di Maria Santissima della Cintura e della Consolazione di Marano, lo ripete come un mantra. Nella sua chiesa fanno bella mostra di sé due quadri, che contengono due immagini sacre: la Madonna di Pompei e Santa Rita. Entrambi sono stati donati - come atto «di devozione» - da Lorenzo Nuvoletta. Non un anonimo mecenate, ma l’uomo che verso la fine degli anni ‘70 allacciò legami strettissimi con i corleonesi di Totò Riina. I due dipinti sono posti ai lati dell’ingresso principale della chiesa e sono lì da almeno quarant’anni. Il nome di Nuvoletta è ben visibile: è inciso sulle targhe inchiodate sotto i due quadri e chi entra o esce dall’edificio sacro non può non farci caso.  

La loro presenza, ad ogni modo, non è fonte di imbarazzo per don Salvatore Trionfo, dal 2008 parroco della piccola chiesa. «Quei dipinti sono qui da tanto tempo - dice il sacerdote, originario proprio di Marano - Sono stati donati prima del mio insediamento.

Quando misi piede in questa chiesa nemmeno mi accorsi di quei quadri: me li fece notare qualcuno, forse un fedele, nei giorni o nelle settimane successive. Non credo che la loro presenza possa suscitare sentimenti di sdegno o di riprovazione. Finora, del resto, nessuno si è mai lamentato. Io sono un sacerdote - argomenta ancora don Salvatore - e prego per le anime di tutti. Chi siamo noi per poter giudicare gli altri? Quel che conta è fare del bene al prossimo e curare la propria anima». 

Don Salvatore non ravvisa la necessità di rimuovere i dipinti, nè di lanciare, in questo modo, un segnale forte alla comunità. Un segnale di rinnovamento culturale oltre che religioso, in un contesto territoriale fortemente segnato dalla presenza delle organizzazioni criminali e da una mentalità omertosa che, ancora oggi, è ben radicata. Non è da escludere, tuttavia, che nelle prossime ore possa intervenire direttamente la Curia. Il nuovo vescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, fa sapere infatti che la vicenda, della quale non era a conoscenza, «sarà affrontata opportunamente nelle sedi ecclesiali di competenza».

La chiesa di Santa Maria Santissima della Cintura è situata a un tiro di schioppo dalla storica tenuta dei Nuvoletta. Meno di cento metri, infatti, separano la struttura religiosa (di proprietà comunale) dalle abitazioni dove un tempo risiedeva “Don Lorenzo” e dove ancora oggi vivono quasi tutti i familiari del defunto boss, morto a Marano nel 1994. In quella stessa chiesa si sarebbero dovute celebrare, nell’ottobre del 2013, le esequie di un altro Nuvoletta noto alle cronache giudiziarie: Angelo, fratello di Lorenzo, anch’egli per anni a capo della camorra maranese nonché mandante dell’omicidio di Giancarlo Siani

 

L’uomo morì, dopo anni di detenzione in regime di 41 bis, nel carcere di Parma. Don Salvatore Trionfo, che nel 1994 aveva benedetto il feretro di Lorenzo, anche in quella occasione si dichiarò pronto a celebrare la funzione religiosa, poi fermata in extremis dalla Questura e dalla Curia napoletana. «Come sacerdote ho il dovere dell’obbedienza - spiegò all’epoca il parroco di Marano - e mi attengo, pertanto, alle direttive emanate dal mio vescovo. Se non fosse arrivato lo stop, ad ogni modo, non avrei avuto alcun problema a celebrare la funzione. Dobbiamo imparare a non giuducare, come ci ha insegnato nostro Signore».

Sempre qui, nella piccola chiesa guidata da don Salvatore Trionfo, ogni anno, da 38 anni, si celebra una messa in ricordo di Salvatore Nuvoletta, il carabiniere di Marano solo omonimo dei malavitosi trucidato dalla camorra nel luglio del 1982. Alla funzione partecipano sempre i vertici regionali e provinciali dell’Arma. All’ultima celebrazione erano presenti, oltre ai familiari della vittima, il generale Giuseppe La Gala, il colonnello Gaspare Giardelli e il maggiore Gabriele Lo Conte. Nessuno di loro, presumibilmente, si è mai accorto di quelle targhe «in devozione», né qualcuno gliele ha fatte notare. Certamente non il parroco. 

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