Clan di camorra, il monito di Riello: «Troppi sindaci collusi»

Clan di camorra, il monito di Riello: «Troppi sindaci collusi»
di Giuliana Covella
Lunedì 23 Maggio 2022, 23:59 - Ultimo agg. 24 Maggio, 07:10
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«È molto grave quando un sindaco, un’amministrazione comunale che dovrebbe essere un avamposto dello Stato per risolvere il problema, ne diventa parte perché sta dall’altra parte». Le parole del procuratore generale di Napoli Luigi Riello risuonano come un macigno nel corso della cerimonia di commemorazione in piazza Municipio per il trentennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio, durante la quale è stato letto un messaggio di Maria Falcone. Una manifestazione avvenuta davanti all’albero della legalità e alla lapide dedicati all’attentato del 23 maggio 1992 in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta. «Il brutto di un Paese - ha detto Riello - è quando non si riesce a distinguere tra guardie e ladri. Quando le divise si confondono siamo alla fine, come quando avviene lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei Consigli comunali. Come Marano sciolto quattro volte e i recentissimi casi di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata». 

Ad introdurre la commemorazione in ricordo della strage di Capaci, è stata l’orchestra degli alunni della scuola secondaria di I grado Tito Livio intervenuti con la dirigente scolastica Elena Fucci, con cui insieme ai docenti hanno appeso pensieri e riflessioni sull’albero della legalità. In piazza il sindaco Gaetano Manfredi e le istituzioni cittadine hanno deposto fiori e a seguire si è svolta la cerimonia a cui hanno partecipato gli studenti delle scuole Ristori, Confalonieri, Casanova Costantinopoli, Foscolo Oberdan, De Amicis, Piscicelli, Genovesi, Vittorio Emanuele, Margherita di Savoia, Convitto Vittorio Emanuele e gli istituti Elena di Savoia, Isabella D’Este, Marie Curie. «Questa è una giornata di memoria e riflessione - ha detto il sindaco - che ci deve spingere non solo a ricordare tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per la legalità, ma anche a tenere alta la guardia perché la battaglia contro la camorra e tutte le mafie si combatte ogni giorno». Poi il ricordo di quel 23 maggio ’92: «Fu un momento davvero drammatico a cui seguì la morte di Borsellino: sembrò che lo Stato fosse sotto scacco ma per fortuna la reazione democratica e l’impegno di magistratura e forze dell’ordine hanno fatto sì che quella battaglia continuasse e oggi esiste un Paese che vive nella legalità».

Ad aprire gli interventi il prefetto Claudio Palomba, che ha sottolineato come «ognuno di noi si debba sentire impegnato perché le mafie si combattono ogni giorno con lo sforzo quotidiano di ciascuno a partire da scuola e famiglia.

Oggi ricordiamo il valore di quegli uomini, non solo i magistrati che sono stati un esempio, ma anche le forze dell’ordine che hanno lasciato la propria vita sapendo il pericolo a cui andavano incontro». 

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«Qui c’è bisogno di ritrovare la voglia e l’impegno di non accettare il sopruso - riflette l’assessore regionale alla sicurezza Mario Morcone - le vicende recenti in molti Comuni campani danno il segno della necessità di dare una spinta di legalità verso le tante situazioni maleodoranti sul territorio». Tra gli intervenuti il questore Alessandro Giuliano, il vicesindaco Mia Filippone e il presidente della Fondazione Polis don Tonino Palmese, che afferma: «Trent’anni fa c’era una grande distanza tra società civile e mafia al punto che gran parte delle persone pensava che quest’ultima fosse un’invenzione. Oggi possiamo dire che Falcone e tutte le vittime innocenti ci hanno preso per mano accompagnandoci a rivisitare le categorie dell’antimafia».  

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