Polveriera Ponticelli, Mary Colonna:
«C'è l'incubo di altri morti innocenti»

Polveriera Ponticelli, Mary Colonna: «C'è l'incubo di altri morti innocenti»
di Leandro Del Gaudio
Domenica 16 Maggio 2021, 09:09 - Ultimo agg. 18:03
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Come cinque anni fa, quando scorie della faida del rione Sanità (quella dei cosiddetti barbudos) arrivarono a Ponticelli, colpendo a morte un ragazzino del posto: si chiamava Ciro Colonna, aveva 19 anni e fu ucciso per errore. Cinque anni dopo, Ponticelli resta un'emergenza nazionale, tra bombe e agguati in pieno giorno, minacce e clima di terrore. Un ritorno al passato, come racconta Maria Colonna, sorella del ragazzo ammazzato: «Purtroppo ci sembra di essere ricaduti in quell'incubo vissuto cinque anni fa, quando - per errore - venne ucciso mio fratello Ciro. Rivediamo lo sguardo di paura negli occhi delle persone che incrociamo per strada, i bambini che stringono mani dei genitori, quando sono su un marciapiede e sentono magari il rombo di una moto che si avvicina. Speravano che Ponticelli si fosse imposta in questi anni nel dibattito o nell'agenda delle istituzioni, invece ci rendiamo conto che basta poco a rompere alcuni equilibri e a far ripiombare tutto in un clima di attesa del prossimo morto.

Eccola Mary Colonna, grande animatrice del tentativo di riscatto di Ponticelli, che anche in questa occasione non molla la presa. Non ha mai abbandonato il quartiere dove è nata e dove le hanno ucciso il fratello.

Ricordate la scena? Quando arrivarono i killer - in pratica sotto casa di Ciro - il ragazzo perse gli occhiali, lì nei pressi di un circoletto ricreativo, facendo uno scatto che non passò inosservato. Uno dei killer lo notò, prese la mira e lo uccise. Effetti collaterali («shit happens», «la merda accade», dicono in America) di quando vai a sparare nella folla. Furono quelli del rione Sanita, che colpirono a morte uno degli scappati, dopo un messaggio di una donna del posto. Da allora, Mary Colonna non ha mai smesso di credere nel riscatto della zona, come spiega oggi al Mattino, quasi per confermare quella traccia di continuità che tiene ancora in vita la memoria del fratello.

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Mary Colonna, tre bombe in pochi giorni, cosa pensa?
«E non ci sono solo le bombe. Sabato scorso hanno sparato dei colpi di pistola a pochi metri dalla targa dedicata a Ciro. Non c'è pietà neppure per lo sguardo di un ragazzo colpito per errore, stroncato nel fiore dei suoi anni migliori. Ne abbiamo parlato ieri in una riunione nella sede dell'associazione dedicata a mio fratello. Penso che non si combatte in questo modo la camorra».


In che senso?
«Torno a rivedere un'attenzione ad intermittenza da parte di politici e osservatori. Ponticelli dura due giorni, il tempo in cui se ne parla nei notiziari, poi ripiombiamo nel silenzio e nella normalità che è una cosa che fa paura».


A cosa fa riferimento?
«Quando finisce l'attenzione, sa cosa resta sul territorio?».


Cosa? Ci dica pure...
«Il rombo delle moto che scorrazzano nelle arterie di Ponticelli, vanno avanti e indietro, spesso senza casco, spesso senza una meta, che ti viene spontaneo pensare: ma che fanno? Poi c'è la storia delle case, quelle occupate abusivamente».


A cosa fa riferimento?
«Sappiamo tutti che è il vero problema su cui le istituzioni dovrebbero muoversi. Tutti: pensi che i parenti di chi ha ucciso mio fratello sono ancora qui, da queste parti e occupano case in modo abusivo. Vede che qui l'umanità è divisa in due categorie, che ormai si rigenerano in modo parallelo dagli anni del terremoto».


Ci spieghi meglio?
«Agli occupanti assegnatari e ai non assegnatari che sono entrati in possesso abusivamente del patrimonio comunale. Non lo dico per fare una differenza di classe, lo dico solo per rimarcare un concetto: spesso la camorra gestisce il patrimonio comunale e colloca i propri uomini all'interno di locali pubblici. Una vicenda nota, spesso denunciata, su cui si dovrebbe intervenire con maggiore forza ed efficacia».


Cosa teme di più in questo momento?
«Io mi sono costituita parte civile nel processo contro i killer di mio fratello (ero assistita dal penalista napoletano Marco Campora), chiedo una mobilitazione collettiva da parte di Napoli, già perché noi siamo Napoli non Napoli est: anche voi giornalisti, comodamente parlate di Napoli est, come se fossimo una categoria a parte, ma va ricordato che la città non finisce in via Marina e che Ciro non era un apolide ma un cittadino napoletano: esattamente come lo sono i bambini atterriti in questi giorni dal lancio di bombe o dal rombo di una moto».
 

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