Racket & affari, scacco alla cupola stabiese: quattro clan alleati per il pizzo

Racket & affari, scacco alla cupola stabiese: quattro clan alleati per il pizzo
di Dario Sautto
Giovedì 6 Dicembre 2018, 11:00 - Ultimo agg. 13:21
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Il suo nome è legato all'intervento di Raffaele Cutolo nella trattativa tra Sisde e Brigate Rosse per la liberazione di Ciro Cirillo, l'assessore regionale della Dc rapito nel 1981. E ancora all'acquisto, tramite una società immobiliare, del castello di Ottaviano per il boss della Nco. Adesso, però, l'operazione «Olimpo» di squadra mobile di Napoli e commissariato di polizia di Castellammare di Stabia scrive una nuova pagina della storia giudiziaria di Adolfo Greco, oggi 68 anni, imprenditore stabiese presente in diversi settori, finito in carcere per gli insoliti rapporti che avrebbe intrattenuto tra il 2013 e il 2016 con i vertici di quattro clan di camorra dell'area stabiese. Riceveva i boss negli uffici della sua «Cil srl» (che si occupa della commercializzazione di Latte Berna e Parmalat) e pagava il pizzo hanno ricostruito i poliziotti, coordinati dal pm Giuseppe Cimmarotta della Dda di Napoli sia al clan Cesarano perché cosca «competente» per territorio, sia ai D'Alessandro «per stare tranquillo». In casa, in un'intercapedine scoperta dalla scientifica durante la perquisizione prima dell'arresto, ieri mattina i poliziotti hanno trovato due milioni e mezzo in contanti, soldi sui quali sono in corso accertamenti.
 

All'alba, gli agenti di polizia hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare per 13 dei 21 indagati, accusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso, violenza privata, armi ed esplosivi. In due i capi rispettivamente del clan Di Martino di Gragnano e del clan Afeltra di Pimonte risultano irreperibili. In carcere sono così finiti proprio Adolfo Greco, Michele Carolei (fratello di Paolo, ex reggente del clan D'Alessandro), Attilio Di Somma, l'imprenditore edile Liberato Paturzo e il suo uomo di fiducia Vincenzo Di Vuolo. Ai domiciliari, invece, Teresa Martone (vedova del defunto capoclan Michele D'Alessandro), Raffaele Carolei (altro fratello di Paolo), Francesco Afeltra (fratello del boss pimontese Raffaele o burraccione) e Umberto Cuomo, macellaio di Agerola e braccio destro di Afeltra. Già detenuti Giovanni Cesarano (detto Nicola), Luigi Di Martino o profeta, Nicola Esposito o mostro e Aniello Falanga, tutti in cella per estorsione e ai vertici del clan Cesarano. Le indagini sono partite per ricostruire i rapporti di Greco con i clan camorristici di zona, in parte confermati dai collaboratori di giustizia Renato Cavaliere e Francesco Belviso. Perché «don Adolfo», come lo chiamavano tutti i camorristi intercettati, era uno a cui potersi affidare: pagava regolarmente il pizzo, su richiesta riusciva a trovare lavoro a parenti di affiliati e, viste le sue capacità e conoscenze, curava i rapporti con i vari boss «per risolvere eventuali questioni di strada». A lui, infatti, secondo gli investigatori si potevano rivolgere solo i capoclan, solo su appuntamento. Dalle telecamere e dalle intercettazioni viene registrato anche l'incontro con Teresa Martone, la vedova D'Alessandro, ritenuta dalla Dia il vero boss della camorra di Castellammare, non finita in carcere perché ha già 72 anni. È lei, accompagnata da un nipote, a presentarsi negli uffici dei Greco. «State trascurando un po' i miei figli» lo rimprovera la donna, che per anni avrebbe incassato 5mila euro all'anno per la detenzione di Pasquale e Vincenzo D'Alessandro. «No, Enzuccio lo conosco bene è la risposta di Greco e ho sempre avuto rapporti con il suocero di Pasquale (Sergio Mosca, altro affiliato, indagato ma non arrestato in questa inchiesta) e con Paoluccio Carolei».
 
Un rapporto con i D'Alessandro che risalirebbe agli anni 60, quando Greco stava «sempre assieme a Michele D'Alessandro, poi ebbe i problemi». Successivamente, don Adolfo avrebbe addirittura subito un tentativo di agguato dall'allora capoclan per questioni di camorra: lui era referente di Cutolo a Castellammare, città in cui la Nco non riuscì mai a prendere il sopravvento proprio per la presenza del clan che ha la sua roccaforte nel rione Scanzano. L'incontro con la donna boss si chiude con la consegna di un regalo alla vedova D'Alessandro «così dite che mi avete portato la scheda punti». Imprenditore del settore alimentare e immobiliare, Greco negli anni avrebbe curato rapporti indistintamente con politici, imprenditori e camorristi. Il perfetto profilo del «colletto bianco». In politica era sceso anche suo figlio Luigi, per qualche anno consigliere comunale a Castellammare e vicino alla corrente di Montezemolo. Intercettato, Greco ha raccontato anche i suoi rapporti con «Nanduccio», il capoclan dei 30 ergastoli e delle due lauree Ferdinando Cesarano. In un caso, le intercettazioni hanno rivelato come Greco si fosse proposto da intermediario con un imprenditore caseario di Agerola per il recupero di due camion carichi di merce rubati, favorendo però il clan Afeltra a cui avrebbe costretto la vittima a rivolgersi: al boss, l'imprenditore avrebbe versato fino a 50mila euro per il racket.

Ma il suo nome è noto alle cronache per due episodi eclatanti. Con l'immobiliare «Il Castello» riuscì ad acquistare l'edificio storico di Ottaviano per conto di Cutolo: per questa vicenda fu arrestato nel maxi blitz che portò in carcere anche Enzo Tortora, ed è stato condannato in via definitiva per favoreggiamento reale, reato poi estinto. Inoltre, la Commissione Violante, l'8 giugno 1992, fa numerosi riferimenti al suo rapporto con Raffaele Cutolo, in merito alla trattativa per la liberazione di Cirillo. Fu lui, con un permesso speciale del Sisde, ad entrare nel carcere di Ascoli Piceno ad incontrare «don Raffaè» chiedendo il suo interessamento. Greco viene più volte definito «camorrista» nella relazione, pur non avendo mai subito una condanna per reati di mafia. Nel corso delle indagini, poi, sono stati ricostruiti anche altri episodi di estorsione per lavori di ristrutturazione nei condomini di Gragnano che riguardano altri indagati, la bomba del clan Cesarano contro un supermercato stabiese e quella a Fuorigrotta ai danni di un direttore di banca che aveva rifiutato il fido ad un affiliato ai D'Alessandro.
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