Camorra, super boss in fuga grazie alle soffiate dei complici in divisa

Camorra, super boss in fuga grazie alle soffiate dei complici in divisa
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 8 Luglio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 20:21
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È uno dei capitoli più amari dell'inchiesta che ha di recente condotto in cella oltre 140 presunti affiliati alla camorra di Secondigliano. È il filone investigativo sulle fughe di notizia, sui servitori dello stato bollati come infedeli, sulle coperture istituzionali.
 
Pochi anni fa, alcuni boss del clan Contini decisero di non dormire a casa, perché di lì a 48 ore sarebbe scattato un blitz; mentre pochi giorni fa, è stata la presunta madrina della camorra - parliamo di Maria Licciardi - a beffare tutti giocando d'anticipo: lasciando la propria abitazione della Masseria cardone, poche ore prima della grande retata.

Ma partiamo dall'analisi del gip Roberto D'Auria, a proposito di alcune intercettazioni che confermano contatti proibiti tra esponenti di spicco della camorra napoletana e non meglio specificati esponenti delle forze dell'ordine, soggetti in divisa, evidentemente a libro paga della camorra. Scrive il giudice: «Uno degli aspetti più inquietanti dei gruppi camorristici è rappresentato dalla contiguità con servitori infedeli dello Stato, siano essi esponenti delle forze di polizia o di uffici giudiziari». E ancora: «Durante la presente attività investigativa venivano captate conversazioni relative a tale preoccupante aspetto». Qual è il punto? Su cosa fa leva il ragionamento del gip? Parlano il presunto reggente dei Bosti-Contini Vincenzo Tolomelli (classe 1987) e Francesco Giamminelli, a proposito di un non meglio identificato «cantante». Dice Tolomelli al presunto complice: «Mi ha detto (riferendosi al «cantante») che ci stanno tutte le fotografie mie, di Tonino, insieme... eh, ho capito, però che ci stanno le microspie, i microfoni direzionali... adesso alle cinque tengo appuntamento con un altro e dopo vado a vedere...». Stando alla ricostruzione della Procura, dunque, Tolomelli era a conoscenza di essere finito al centro di un servizio di appostamento assieme ad Antonio Cristiano, quanto basta ad attivarsi presso un'altra fonte, un altro servitore dello stato «infedele». Ma non è tutto. Ci sono altre circostanze che spingono a verificare l'esistenza di un servizio di copertura, grazie a uomini delle istituzioni. È il capitolo su Vincenzo Tolomelli senior (classe 57), che mostra interesse per «quelli là di Nicola», con un chiaro riferimento a Nicola Rullo, boss dei Contini, tristemente conosciuto come «'o nfamone», per la violenza che gli viene attribuita contro nemici di altri clan, ma anche vittime di usura e di estorsione.

È a questo punto che Vincenzo Tolomelli senior parla con il nipote omonimo di un altro presunto complice, tale Umberto, al quale viene attribuita una soffiata decisiva, una confidenza che ha di fatto mandato all'aria un blitz costruito grazie alla dedizione di magistrati ed esponenti delle forze dell'ordine. Ma proviamo a ripercorrere il ragionamento di zio e nipote: «Umberto» avrebbe riferito «che avevano solo 48 ore prima che venisse eseguito un blitz nel quartiere di Secondigliano, di San Giovanniello (in via San Giovanni e Paolo)». Era stato chiaro, Umberto, ricordando che era l'ultima sera in cui si dormiva a casa. Dice Tolomelli jr allo zio: «Quello Umberto ha lasciato mercoledì sopra alla festa, ha detto teniamo 48 ore di tempo, un blitz a Secondigliano e San Giovanniello ci alzano tutti quanti..., disse questa è l'ultima sera che dormiva a casa da domani non ci dormo più..., disse che avevano avuto l'imbasciata da certi di Secondigliano... ci sta un blitz imminente, disse che entro 48 ore ci arresteranno tutti quanti». E non si tratta di novità, dal momento che questa volta è lo zio (classe 57) a ricordare al nipote (classe 87) a confermare altri rapporti proibiti con esponenti delle forze dell'ordine, che garantirono la fuga dello stesso Nicola Rullo: «La guardia disse di avvisare Nicola, che in serata lo andavano ad arrestare». È in questo scenario che si muove la Dda di Napoli (inchiesta dell'aggiunto Giuseppe Borrelli, dei pm Alessandra Converso, Maria Sepe e Ida Teresi), che ora punta a stanare la neo latitante Maria Licciardi. Difesa dall'avvocato Dario Vannetiello, la donna è la ricercata numero uno in Campania. Sono decine i sopralluoghi delle forze dell'ordine in case popolari dell'hinterland, mentre resta quanto mai attuale il capitolo «servitori infedeli» dello Stato.
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