Campi Flegrei, ricostruita
«anatomia» dell'ultima eruzione

Campi Flegrei, ricostruita «anatomia» dell'ultima eruzione
Mercoledì 7 Settembre 2016, 16:32
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Ricostruito il 'mal di pancia' che ha preceduto l'ultima eruzione dei Campi Flegrei, uno dei supervulcani più pericolosi del mondo perché si trova in un'area densamente abitata. La ricostruzione dei movimenti del magma che hanno preceduto l'ultima eruzione, avvenuta nel 1538, potrà aiutare a prevedere dove potrebbero aprirsi in futuro le bocche eruttive, in modo da ridurre il più possibile i rischi per la popolazione. Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la ricerca è stata condotta da Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dalle università di Roma Tre e Sapienza, Federico II, La e Seconda Università di Napoli, agenzia per le indagini geologiche degli Usa (Usgs).

Lo studio ha anche ricostruito il trasferimento del magma avvenuto negli ultimi 5.000 anni e ha scoperto che, nonostante i ripetuti sollevamenti nella parte centrale della caldera Flegrea, le eruzioni hanno avuto luogo sempre al margine dell'area sollevata. Conoscere i movimenti del magma aiuta quindi a capire meglio il comportamento di un supervulcano 'imprevedibile' come quello dei Campi Flegrei. Mentre «alcuni vulcani mostrano un comportamento prevedibile e costante, unito ad una bassa pericolosità, altri - rileva Mauro Di Vito, dell'Osservatorio Vesuviano dell'Ingv - mostrano una maggiore variabilità, con conseguente aumento della pericolosità se caratterizzati da grossi sistemi magmatici e ubicati in aree densamente popolate». Tra i secondi c'è la caldera dei Campi Flegrei, alla periferia occidentale di Napoli, «comunemente considerata il vulcano più pericoloso al mondo».

L'analisi dei dati geologici e archeologici dei Campi Flegrei, insieme a una simulazione, indicano che prima dell'eruzione del 1538 il magma si è spostato lateralmente da una sorgente posta a circa 4,6 chilometri di profondità, sotto il centro della caldera.
Questa sorgente ha alimentato una camera magmatica sotto Monte Nuovo a Pozzuoli, a circa 3,8 chilometri di profondità, dalla quale il magma si è propagato verticalmente formando una camera più piccola e superficiale che ha alimentato l'eruzione. 
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