Cantiere antiracket numero 10, crescono i ribelli del pizzo a Casoria

Cantiere antiracket numero 10, crescono i ribelli del pizzo a Casoria
di Daniela De Crescenzo
Domenica 17 Gennaio 2021, 12:00
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Il racket non si ferma, ma l'antiracket nemmeno. E Casoria, che resta nel mirino degli estorsori, comincia piano piano a scrivere un'altra storia. Venerdì nel cantiere di via Libertà, dove si sta adattando un capannone industriale alla prossima commercializzazione di profilati metallici, è stato esposto lo striscione che segna l'adesione del patto antiracket e alla rete per la legalità. La giusta reazione alla richiesta di pizzo. Che era stata perentoria. Martedì scorso, infatti, degli sconosciuti a volto scoperto, senza nemmeno la mascherina, erano arrivati in moto e avevano apostrofato gli operai presenti: «Ma il mastro vostro non lo sa che prima di iniziare i lavori si deve mettere a posto con gli amici? Qua comandiamo noi». I lavoratori avevano immediatamente riferito l'accaduto al proprietario, che aveva reagito denunciando l'episodio ai carabinieri di Casoria. Poi si era messo in contatto con l'associazione antiracket Sos impresa e, con il presidente Luigi Cuomo e la referente dell'associazione Libera, Maria Saccardo, è stato sottoscritto il patto antiracket. Questo impegna l'imprenditore a denunciare ogni possibile episodio estorsivo (cosa peraltro già avvenuta) e l'associazione ad assistere l'azienda in tutte le fasi successive, da quella giudiziaria all'eventuale accesso al fondo di solidarietà. Le indagini, intanto, proseguono con l'obiettivo di smascherare emissari e mandanti. 

Quello di via Libertà a Casoria è il decimo cantiere dove nell'ultimo anno è stato esposto lo striscione, mentre gli episodi inquietanti si susseguono: ai primi di dicembre c'era stata un'esplosione nella galleria Marconi, un ordigno che ha devastato un negozio e danneggiato quelli contigui. «Con il declino del clan Moccia spiega il presidente di Sos Impresa nell'area a Nord di Napoli gli orfani dell'organizzazione stanno dando vita a piccole compagini in feroce lotta tra di loro per il controllo del territorio e la riscossione del pizzo.

Si tratta di gruppi numerosi e violenti, ma anche estremamente vulnerabili, tanto che nell'ultimo anno le forze dell'ordine hanno fatto una trentina di arresti nelle loro fila». «Il presidio di Libera Afragola-Casoria da sempre rappresenta un'antenna sul territorio per la lotta al racket e all'usura spiega Maria Saccardo noi ascoltiamo le voci di strada e a nostro parere non bisogna sottovalutare la presenza dei Moccia, noi crediamo che il clan non abbia terminato il proprio percorso criminale. Ma è anche vero che in giro ci sono anche affiliati di altri gruppi malavitosi». La situazione di rischio per i commercianti è comunque molto alta, in questo momenti di confusione le richieste sono continue e pressanti e a volte si accavallano: a pretendere tangenti dagli stessi esercizi commerciali potrebbero essere più clan in lotta tra di loro.

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Ma non è detto che questo sia tutto. Anzi, la richiesta di pizzo potrebbe anche non essere il fenomeno più pericoloso. La mancanza di liquidità tra gli imprenditori duramente colpiti dalla pandemia è di per sé un fattore di rischio. Le aziende infatti fanno gola alla criminalità più strutturata e potente che punta a infiltrarsi nelle aziende sane per poi usarle come lavanderie dei soldi sporchi. I clan prestano agli imprenditori tutto il denaro di cui hanno bisogno e all'improvviso ne chiedono la restituzione. A quel punto chi ha un esercizio commerciale o un'industria ed è già indebitato spesso non è in grado di rendere il prestito e deve cedere l'azienda. Secondo gli inquirenti, in tutt'Italia si stanno registrando i primi cambi di mano, soprattutto nel settore del turismo e della ristorazione che per primi hanno subito la crisi. Ma è l'intero tessuto produttivo a essere a rischio. La risposta deve essere tempestiva e corale.

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