Serve un piano per combattere ​la voglia di scappare

di Francesco Durante
Venerdì 10 Maggio 2019, 00:00 - Ultimo agg. 10:32
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Ieri, aprendo il Mattino, si trovavano due notizie che, all’unisono, esortavano a prendere quella che a questo punto può anche parere l’unica decisione sensata: scapparsene da Napoli. Così del resto aveva fatto, senza esitazioni né rimpianti, l’impresa Spinosa Costruzioni di Isernia, impegnata sul cantiere Unesco di Porta Capuana. In sole 24 ore gli operai al lavoro avevano ricevuto due richieste di pizzo accompagnate dalle relative minacce (“vi spariamo uno a uno”), cortesemente trasmesse da un tizio giunto indisturbato in motorino indossando un casco integrale. Circostanza che, detto per inciso, in una zona come quella, dove il casco non lo mette nessuno, dovrebbe essere indizio quasi certo del fatto che qualcosa non va. Anche il sicario che a poche centinaia di metri dal cantiere ha ferito gravemente la piccola Noemi indossava un casco integrale. Comechessia, tanto era bastato all’impresa per risolversi a fare armi e bagagli e andarsene, decisione poi rientrata grazie alle garanzie offerte da tutti i presìdi istituzionali della città con la promessa di una “blindatura” del cantiere. 

L’impresa, in ogni caso, aveva deciso di fare la stessa cosa cui a quanto pare sta pensando anche don Franco Rapullino, parroco un tempo a Forcella oggi a Chiaia, che nell’intervista concessa ieri al Mattino, oltre a garantire di non aver notato alcuna differenza sostanziale nel passaggio dal centro storico al cosiddetto “salotto”, ha affermato di ritenere che la Siria o il Burkina Faso possano essere valide alternative alla sua permanenza a Napoli.

Ieri dunque è stato uno di quei giorni che - proprio come in una vecchia canzone di Ornella Vanoni - “ti prende la malinconia / che fino a sera non ti lascia più”. Non solo perché, esattamente come nei versi di quella canzone (in qualche modo sottoscritti da un uomo di chiesa), “la mia fede è troppo scossa ormai” anche se “prego e penso fra di me / proviamo anche con Dio, non si sa mai”. Ma soprattutto perché le due notizie di giornale che ho citato, che si aggiungono a una lunga serie di altre pessime notizie delle ultime settimane, sembrano dirci che Napoli è ormai perduta, che non ci si può più vivere né tanto meno lavorare, che non ne vale la pena, e che tutto quello che si continua a fare sono chiacchiere senza costrutto; e dunque sì, sarà pur vero che la nostra è una città da sempre fatta di luci e ombre, ma le luci residuali assomigliano sempre più a tremuli fuochi fatui, o agli effimeri bagliori dei fuochi d’artificio che qui, e solo qui, si sparano quasi ogni santa sera, e che, come si dice, inevitabilmente fanno la fine dei tracchi. 

Dunque, “non c’è niente di più triste / in giornate come queste / che ricordare la felicità / sapendo già che è inutile / ripetere chissà? Domani è un altro giorno, si vedrà”. E tiriamo avanti in attesa di qualcosa (un miracolo?) che, contro ogni evidenza, possa cambiare la situazione. Speriamo che venga presto arrestato il killer di piazza Nazionale. O che il ministero della Giustizia e quello dell’Interno si mettano d’accordo sul destino dei condannati in via definitiva i quali se ne stanno tuttavia felicemente a piede libero, e magari si godono la vita fra una capatina allo stadio e l’indisturbata pratica dei consueti malaffari. E che qualcuno si sbrighi a dire anche a loro che la pacchia è finita, e soprattutto si applichi in modo radicale affinché il controllo del territorio torni saldamente in mano alle forze dell’ordine, giacché anche la più banale distrazione finisce per essere un favore reso alla criminalità o all’illegalità che ne è la melliflua ambasciatrice: e questo è un fatto che ciascun napoletano può verificare di persona nella propria quotidianità al cospetto di lassismi di ogni genere. 

È infatti certo che “la camorra fa schifo” (come afferma il vicepremier Salvini) e che a Napoli siamo costretti ad assistere a “scene da medioevo” (come nota il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho). Ma non basta dirlo. Bisogna dichiarare guerra allo schifo e aggiornare il calendario rimettendolo in linea con quello del mondo civile. A tal proposito ricordo che, piuttosto giustamente, il famoso portone di palazzo Serra di Cassano per il momento rimane ancora chiuso. Bisogna fare di tutto per riaprirlo. Perché da Napoli, non vorremmo proprio essere tentati di scappare. 
 
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