Caos pronto soccorso a Napoli, un medico ogni 12 ore: «Così cure impossibili»

Caos pronto soccorso a Napoli, un medico ogni 12 ore: «Così cure impossibili»
di Ettore Mautone
Martedì 2 Agosto 2022, 23:56 - Ultimo agg. 3 Agosto, 08:16
4 Minuti di Lettura

Pronti soccorso affollatissimi e senza medici: la lunga estate calda per la salute dei cittadini napoletani, non riguarda solo il Cardarelli - che per oltre 12 ore, fino a ieri mattina, ha sospeso gli accessi in urgenza e limitato i ricoveri ai soli codici in imminente pericolo di vita - ma c’è anche il San Paolo come nuova frontiera del disagio. Nel presidio di Fuorigrotta, ad agosto, non c’è personale a sufficienza per coprire i turni: in servizio ci sono in tutto 6 dottori (di cui due, ogni settimana, in ferie dovute) e l’aiuto chirurgico per almeno un’unità. Le direzioni, finora, anziché puntare a reperire nuovo personale pensavano di chiudere i reparti di Osservazione e per gli isolati Covid ma si rischiava solo di caricare altro lavoro per i medici in prima linea. L’ultimo allarme dei camici bianchi risale al 27 luglio scorso quando in una lettera inviata ai vertici del presidio i medici denunciavano le gravi condizioni di lavoro che si profilavano in vista delle ferie di agosto con un solo medico in reparto per tutti i turni e l’assenza, prevalentemente la notte, di un medico di guardia in Obi e Medicina di urgenza. 

Il pronto soccorso del San Paolo è da anni suddiviso in un’area medica ed una chirurgica al triage e molti trasferimenti in altri ospedali per infarti, ictus, emorragie che necessitano di un accompagnamento medico. L’internista in servizio al Pronto soccorso è dunque deputato alla gestione dei pazienti che arrivano col 118 o con mezzi propri, dei ricoverati in Osservazione (6 posti), dei malati isolati Covid (2-4 posti) e di quelli in attesa di ricovero. Un solo medico in Pronto soccorso è una soluzione poco sicura sia per il tempo disponibile per ciascun malato sia per la qualità e aumentano i rischi di errori. I sindacati chiedono la mobilità d’ufficio intra ed extraospedaliera: «Nei pronto soccorso bisogna lavorare in sicurezza - avverte Lino Petropaolo, leader regionale della Cisl medici - il 118 e le prime linee degli ospedali sono luoghi deputati a salvare vite e i turni devono essere adeguati. La principale preoccupazione delle direzioni sanitarie deve essere predisporre turni con almeno 2 internisti in pronto soccorso a cui aggiungere un’unità da dedicare ai Covid e all’Obi. I colleghi sono distrutti e hanno diritto alle ferie mentre sono costretti a restare fino a 12 ore da soli». In effetti ieri la direzione generale della Asl ha convocato un incontro con i medici con la richiesta di ore in aiuto del Pronto soccorso del San Paolo nelle discipline di Medicina generale e Cardiologia proprio per superare la crisi.

Ma la situazione è complessa in tutti i Pronti soccorso della città: al Pellegrini si sopperisce aumentando i carichi di lavoro e riducendo le ferie a una sola settimana mentre all’Ospedale del mare i turni sono coperti con l’ausilio di altre unità specialistiche. C’è poi il Cto: anche qui mancano 10 medici, si registra un netto aumento degli accessi, soprattutto inappropriati, rispetto al 2021, con picchi quando il Cardarelli va in tilt come l’altra sera. 

«Il primo nodo è l’inadeguatezza della medicina del territorio e dei filtri verso l’ospedale - sostiene Giampiero Nirtato Izzo della Uil medici - mentre i policlinici universitari già privi di pronto soccorso, d’estate diventano un deserto. Bisognerebbe puntare su protocolli alternativi di terapia domiciliare anti Covid. C’è anche un nodo della programmazione dei turni estivi e manca un assessore come interlocutore delle rivendicazioni sindacali». 

Video

Ma torniamo al Cardarelli: ieri mattina i pazienti che stazionavano nell’area del pronto soccorso erano 98, 52 in meno dei 150 dell’altro ieri. «Siamo al punto in cui diventerà sistematica la chiusura parziale del nostro Pronto soccorso - sottolinea Eugenio Gragnano delegato aziendale dell’Anaao, principale sindacato di categoria - il Cardarelli non può più reggere da solo. Le procedure messe in campo finora si sono rivelati “pannicelli caldi”. C’è bisogno di un forte impegno istituzionale affinché il Cardarelli non imploda organizzando il territorio ed altri nosocomi delle rete dell’emergenza. La carenza di personale compromette le ferie, uno dei diritti principali dei lavoratori, costringendo a turni massacranti. Il personale è stremato da due anni di pandemia». Sul fronte politico interviene Pasquale Di Fenza, consigliere regionale dei Moderati: «Sarebbe necessario un protocollo nazionale per le cure domiciliari che ad oggi non è stato ancora realizzato potenziando la medicina territoriale e poi riattivare il primo soccorso distrettuale (Psaut). Infine procedere celermente ad attivare il nuovo Pronto soccorso del Policlinico Federico II». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA