E’ scomparso questa mattina don Vincenzo Simeoli, il sacerdote contadino della parrocchia di San Costanzo a Marina Grande, sulla strada delle vigne e degli antichi filari, dove oltre al mosto tipico di Capri è ancora imponente la presenza dei ruderi dei romani. Don Vincenzo aveva dedicato tutta la sua vita, oltre che alla fede, allo studio di questa Capri meno nota, fatta di coltivazioni, di storie legate alla terra e di varietà enologiche. Suo il tentativo di riportare in vita, attraverso degli innesti, una tipologia di vino che ricordasse nelle fragranze il nettare di Tiberio, accompagnato da un attento lavoro di riesumazione nell’area di Palazzo a Mare delle costruzioni dove i romani avevano i primi cellari. Aveva 76 anni Don Vincenzo Simeoli, tarda la sua vocazione, giunta all’età di circa quarant’anni, con una prima carriera nel settore alberghiero nel quale aveva operato per oltre vent’anni ricoprendo l’incarico di direttore presso alcune prestigiose strutture ricettive dell’Isola. Custode delle tradizioni contadine, è stata una delle menti storiche e divulgatrici più prolifere ed attendibili della storia antica dell’ isola di Capri.
Parroco in solido presso la chiesa di Marina Grande a Capri e cappellano presso l’ospedale cittadino.
Il prelato, infatti, ha sempre incrociato negli anni in cui ha svolto i ruoli di guida parrochiale, più di una icona che riconduceva al culto di Sant’Andrea. In particolare nella parrocchia di Trinità a Piano dove e presente una tela dell’apostolo del 1600 e a Capri dove è custodita una statua del 1700.
Autore di numerosi testi e volumi. Nel 2018 "Don Vincenzo Simeoli pubblicò: “ Capri e la sua diocesi” una grande opera storica dove colma un vuoto nella storiografia caprese. Nel testo frutto di anni di ricerca , infatti, oltre a documentare cronologicamente l'avvicendarsi dei vescovi nella Diocesi di Capri, documenta - indirettamente - le abitudini e i comportamenti della popolazione locale nel corso dei secoli, ancor prima che i viaggiatori scrittori cominciassero a farlo. Nei documenti proposti compaiono cognomi sorrentini amalfitani di proprietari di piccoli appezzamenti di terreno e di case sull'isola a dimostrazione della influenza esercitata da Amalfi e Sorrento nel periodo medievale. Alcune famiglie amalfitane avevano sull'isola attività commerciali e proprietà: "tantas petias de terra", come si ritrova in un documento del tempo. Molte di queste famiglie si radicarono sul territorio dell'isola e diventarono famiglie imporranti e facoltose che espressero, in massima parte, vescovi, notai, canonici, presbiteri, cantori. l documenti "fotografano" i passaggi di proprietà, le enfiteusi, i lasciti testamentari, la fondazione di monasteri, conventi e cappelle; testimonianze preziose per il ricercatore che si propone di studiare le trasformazioni dell'isola.