Il dramma addosso. L'emergenza al Cardarelli non è limitata alle barelle, in queste ore diventate un caso nazionale. Non è confinata in un solo luogo dell'assistenza, ma colpisce ovunque, reparto per reparto, tocca tutti i pazienti: basta andare in ospedale, il più grande del Mezzogiorno, per rendersi conto che i disagi pesanti vanno oltre l'affollamento di lettighe al pronto soccorso, i tempi di attesa più lunghi per visite ed esami pur se urgenti, la carenza di personale in organico tra concorsi deserti e dimissioni di massa dei medici.
Dentro i padiglioni, gli ammalati soffrono per le precarie condizioni di ricovero.
Fuori, non c'è più un bar aperto. Nella cittadella della salute, manca anche questo. Per un caffè o un cornetto, non resta che uscire dalla struttura sanitaria. Così capita di incrociare qualche vecchietto in ciabatte e vestaglia che si perde, vagando da solo nei viali e in strada. Chiuso anche il mini-market, prima collocato vicino al punto di ristoro, decisamente utile per recuperare quel che occorre soprattutto dopo una improvvisa corsa in ambulanza. Non bastasse, la mensa è off-limits dall'emergenza Covid: lo spazio viene utilizzato come punto per eseguire i tamponi, non è più a disposizione nemmeno degli operatori. Manca pure la storica edicola con giornali, riviste e giochi. Saracinesca abbassata. Ed è chiaro che si tratta di questioni che non dipendono strettamente dalla governance. Ma, di fatto, l'umanizzazione nelle cure è negata. In barella e "dintorni".