Orrore di Cardito, la vicina piange
in aula: «Vidi Noemi sfigurata»

Orrore di Cardito, la vicina piange in aula: «Vidi Noemi sfigurata»
di Marco Di Caterino
Giovedì 31 Ottobre 2019, 13:17
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Udienza drammatica, la terza, del processo sull'omicidio di Giuseppe Dorice, il bimbo di Cardito ucciso a botte, dopo un pestaggio bestiale durato ore, dal patrigno Tony Essobti Badre, nell'abitazione di Cardito lo scorso 27 gennaio, sotto gli occhi della madre, Antonella Casa, che non mosse un dito per evitare quel barbaro omicidio. Nell'aula 114 della terza sezione della Corte di Assise (presidente Lucia La Posta, giudice a latere Giuseppe Sassone) sono stati ascoltati ieri mattina i testimoni della lista del pubblico ministero Paola Izzo, della Procura di Napoli Nord. Racconti da far accapponare la pelle, ma che almeno in apparenza non hanno hanno scalfito le facce di sale dei due imputati, madre e patrigno, entrambi presenti in udienza.

IL DOLORE
Testimonianza choc di una delle vicine di casa. Piegata dal doloroso ricorso alla memoria e forse anche un rimorso difficile da cancellare, la testimone ricorda le drammatiche sequenze di quella maledetta domenica. E spiega in che stato era stata ridotta la piccola Noemi: «Mi sembrava un mostro, era irriconoscibile. Non credevo che una persona, quell'uomo, potesse arrivare a tanto». Con la voce incrinata dall'emozione e trattenendo a stento le lacrime la donna ha continuato: «Quando ho visto la bambina, ho pensato a mio figlio che ha otto anni... Quella povera bambina aveva i capelli strappati dietro la nuca. L'ho vista per pochi istanti. Ma mi fa molto male ricordare». Incalzata dal pubblico ministero la vicina ha affermato che quando vedeva Giuseppe e Noemi uscire di casa per andare a scuola «avevano sempre gli occhi bassi, sembravano impauriti». E ancora, rispondendo al pm la testimone ha ricostruito la domenica della tragedia. «Nessuno mi ha chiesto aiuto e nemmeno ho sentito urlare. Eppure quella era la casa degli orrori, con lui che urlava sempre e diceva parolacce». In buona sostanza, la donna ha così confermato quanto aveva dichiarato nell'immediatezza del fatto agli agenti del commissariato di Afragola, diretto dal vice questore Stefano Iuorio, intervenuti quella domenica dai medici del 118, quando ormai era troppo tardi. E da un orrore all'altro si è passati alla testimonianza dell'agente di polizia del commissariato Vomero, intervenuto al pronto soccorso del Santobono, dove era stata ricoverata Noemi.

IL DISEGNO
Il poliziotto, che non è riuscito a trattenere le lacrime, ha raccontato: «Mi sono trovato di fronte a una scena raccapricciante. La bambina era completamente sfigurata dalle botte. Peggio di un pugile. Aveva lividi, escoriazioni ed ecchimosi dappertutto. Per guardare intorno doveva aprire le palpebre con le manine, tanto che erano gonfie. Eppure, con grande forza d'animo, e in attesa di essere operata perché bisognava suturare una parta dell'orecchio parzialmente staccata a seguito del pestaggio, si era messa a disegnare con sorprendente e apparente tranquillità. Poi conclude l'agente - a un tratto, dopo avermi fatto vedere il suo disegno che ritraeva un poliziotto con la barba, come la porto io, la bambina mi ha detto: Dovete portate in prigione mio padre, la sera beve la birra e ci picchia, e mamma deve chiamare i carabinieri». Un grido d'aiuto, l'ennesimo da parte di una bambina finita nelle grinfie di un uomo violento oltre ogni limite sopportabile. Aiuti che Noemi implorò anche a scuola, ma che restarono colpevolmente inascoltati: secondo quanto hanno poi accertato le indagini, le maestre e la dirigente scolastica (per questo rinviate a giudizio con l'accusa di culpa in vigilando) girarono la faccia, scegliendo di non intervenire e di far cadere nel dimenticatoio le sofferenze di quei due bambini, che andavano a scuola con lividi e segni di violenze inaudite.
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