Caritas a Napoli, donne sempre più povere e famiglie con 500 euro al mese

Caritas a Napoli, donne sempre più povere e famiglie con 500 euro al mese
di Maria Chiara Aulisio
Domenica 19 Novembre 2017, 13:25
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Un'occasione per riflettere e analizzare come sta cambiando la povertà in Campania, un'analisi dettagliata peravere un'idea più precisa delle condizioni in cui vivono migliaia di persone e, dunque, provare a coglierne le prospettive future. È anche questo il dossier regionale sulle povertà 2017, una pubblicazione annuale realizzata dal 2004 dalla Delegazione regionale Caritas - con il coordinamento del sociologo Ciro Grassini - per dare voce e volto ai tanti poveri che ogni giorno si rivolgono ai Centri di ascolto. A cominciare da quelli per cui si parla di «povertà assoluta», la forma più grave di indigenza, di chi non riesce ad accedere a quel paniere di beni e servizi necessari per una vita dignitosa: dal 2007, anno che anticipa l'inizio della crisi economica, la percentuale di persone povere è più che raddoppiata. Lo sforzo compiuto in questi anni dalle Caritas diocesane della regione ha infatti permesso di evidenziare gli aspetti fondamentali del fenomeno della povertà in Campania, ma soprattutto ha mostrato come è cambiato e si è evoluto nel tempo. Con più di una certezza rispetto allo scorso anno: aumentano gli anziani, diminuisce il tasso di natalità e cresce il numero delle donne che vivono in povertà, una condizione, la loro, aggravata dalle violenze domestiche che subiscono nel 54,7 per cento dei casi. Le donne sono infatti considerate l'interfaccia più idonea nei confronti delle istituzioni e del mondo esterno in generale quando c'è la necessità di chiedere aiuto per la famiglia e principalmente per i figli.

Non solo: dal dossier emerge il dato relativo alla cittadinanza che mostra una netta prevalenza della componente italiana: gli autoctoni rappresentano infatti il 64,6 per cento del totale, ovvero quasi i due terzi di coloro che si sono rivolti alla Caritas. Di pari passo continua ad aumentare anche il numero di quelli che la Caritas definisce i «nuovi poveri». Persone che hanno sempre vissuto in maniera mediamente agiata e che da un giorno all'altro si sono ritrovate senza lavoro e spesso anche senza famiglia: «Ci sono anche nomi noti del commercio napoletano tra quanti ogni giorno bussano alla nostra porta - spiega Giancamillo Trani, vice direttore della Caritas diocesana di Napoli guidata da don Enzo Cozzolino - tra questi molti padri separati che oltre alla famiglia hanno perso anche la casa».

Inevitabile il collegamento tra povertà e dipendenze: «Una connessione strettissima - aggiunge Trani chi non sa come vivere fatalmente finisce nella trappola del gioco o della droga da cui alla fine non riesce più a venirne fuori». E si torna a parlare della mancanza di lavoro, se è vero - come dice la Caritas - che dal punto di vista degli indici di disoccupazione si è tornati a quelli degli anni Settanta. Da qui l'allarme del cardinale che prende parte alla presentazione del dossier nell'auditorium del Seminario Maggiore di Pozzuoli con i vescovi Antonio Di Donna, Gennaro Pascarella e Antonio De Luca: «Il lavoro è il primo problema da risolvere, una urgenza assoluta per questa città - dice Crescenzio Sepe - se vogliamo evitare che i nostri giovani finiscano nelle maglie della criminalità che si propone come alternativa all'occupazione». Il cardinale ricorda quando lo scorso febbraiooltre cento vescovi di Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna si sono ritrovati a Napoli per discutere di Chiesa e lavoro con particolare attenzione al futuro per i giovani del Sud. «In quell'occasione - aggiunge Sepe - non ci limitammo a una analisi della situazione ma rivolgemmo proposte concrete alle istituzioni, alle quali però la chiesa non intende sostituirsi».

 

Ma torniamo al dossier che analizza i dati acquisiti dai centri di ascolto cittadini e parrocchiali: «Il volto della povertà in Campania - scrive Carlo Mele, delegato regionale Caritas - ha l'aspetto del disagio familiare diffuso piuttosto che della singola persona che vive condizioni di totale esclusione sociale: la lettura dei dati fa emergere una regione che stenta a fornire risposte istituzionali alle situazioni di povertà». L'immagine della povertà in Campania, dunque, è legata soprattutto all'ambito familiare giacché vivono in famiglia il 69,6per cento delle persone ascoltate, ovvero: sette su dieci. E le cifre confermano che la numerosità del nucleo familiare incide fortemente sullo stato di bisogno, principalmente laddove all'interno del nucleo ci sono figli minori. Ma c'è dell'altro. Dai dati emerge che i due terzi delle famiglie che si rivolgono alla Caritas vivono con meno di 500 euro al mese e non sono in grado di sostenere alcuna spesa imprevista: «La parrocchia - scrive ancora Carlo Mele - rimane ancora un punto di riferimento importante e spesso anche l'unico. Le problematiche presentate non sono solo di carattere economico, ma sono molto presenti anche la solitudine e il senso di abbandono». A questo si aggiunge la povertà di quelli che la Caritas definisce «nuclei spezzati», vedovi, separati e divorziati, che complessivamente raggiungono il 23.4 del totale. Poi, i senza dimora. L'analisi della cittadinanza di chi vive in strada evidenzia una netta prevalenza degli stranieri con il 78,6 per cento: «La preponderante presenza di migranti - si legge ancora nell'introduzione di Mele al dossier - dimostra la maggiore vulnerabilità sociale di cui questi sono portatori giacché molto più spesso rispetto agli italiani sono privi di reti familiari su cui poter contare». Infine le richieste principali ricevute dalla Caritas: al primo posto i pacchi viveri (49,5 per cento), al secondo sussidi economici per il pagamento delle bollette (31,9 per cento), al terzo un alloggio (17 per cento), al quarto l'accesso a market o empori solidali (15,8 per cento), al quinto un lavoro (14,2 per cento), al sesto e al settimo l'accesso alla mensa e il vestiario, rispettivamente con il 13,3 e l'8,2 per cento.
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