«Caruso, la cappella è a pezzi,
via da Napoli le spoglie del mio avo»

«Caruso, la cappella è a pezzi, via da Napoli le spoglie del mio avo»
di Giuliana Covella
Lunedì 10 Agosto 2020, 09:42 - Ultimo agg. 16:29
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«Pur essendo tra i figli più illustri di Napoli, continua ad essere offeso dalle istituzioni che governano la città». Federico Caruso, 70 anni, vive a Viareggio ed è uno dei pronipoti di Enrico Caruso, di cui lo scorso 2 agosto ricorreva il novantanovesimo anniversario della morte. Ma, in attesa di ricordare il tenore dei due mondi con le celebrazioni tra un anno, la sua città natale continua a fare orecchie da mercante sulle molteplici iniziative che stanno nascendo per rendere omaggio all'artista. A cominciare dal Museo mai inaugurato nella casa natale, al civico 7 di via Santi Giovanni e Paolo, alla cappella che cade a pezzi a causa delle infiltrazioni al cimitero («voglio pagare io i lavori, ma sarò poi pronto a traslarne le spoglie al Metropolitan di New York che già si prepara a ricordarlo tra un anno con un gala»), al vicoletto che porta il suo nome all'Arenella, al busto che «non gli somiglia affatto» in piazza Ottocalli.

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Tra un anno ricorreranno i 100 anni dalla morte di Enrico Caruso. Come lo ricorderà Napoli?
«Non credo lo farà. Il mio bisnonno è più conosciuto finanche di Totò e Eduardo De Filippo. E Napoli, la città dove nacque, che fa? Continua a offenderne la memoria? Ancora oggi mi arrivano i diritti d'autore da parte di collezionisti e artisti di tutto il mondo. L'ultimo da un paesino dell'Indonesia. E a Napoli cittadini e istituzioni lo hanno dimenticato».

Non sembra avere molta stima di Napoli e dei napoletani. Perché?
«Ho un rapporto di amore-odio con la città, perché da un lato è meravigliosa con le sue bellezze naturali e il suo patrimonio storico-artistico, dall'altro è da terzo mondo. Diceva bene Pino Daniele in una nota canzone, E nui passammo e uaie... e chiste invece e ra na mano se magnano a città».

Chi sono quelli che se magnano a città?
«Chi la amministra. Il problema è questo: Napoli è sempre stata governata da chi ha pensato ai propri interessi e a quelli degli amici. Ecco allora il degrado dei monumenti, dei beni comuni, l'abusivismo edilizio, l'incuria. Il peggio è che i napoletani non si ribellano. Se Napoli fosse stata ben amministrata, oggi sarebbe la città più bella del mondo e si ricorderebbe pure di Caruso».

Quando è stato l'ultima volta a Napoli?
«Vengo ogni anno per andare a Sorrento. Lì è stato allestito un museo con i cimeli di Caruso, in estate c'è una grande affluenza di turisti americani. In America infatti Caruso è molto amato e apprezzato anche dai giovani, tanto che ricordo sempre un aneddoto».

Quale?
«Qualche anno fa passeggiavo con mio fratello Riccardo a Long Island, notammo un ragazzo di colore che ascoltava musica e cantava mentre andava sullo skateboard. Nice voice, gli dicemmo. Lui rispose I'm Caruso. Ciò sta a significare che il bel canto in America vuol dire Caruso».

A Napoli invece non è mai stato fatto nulla?
«L'unica iniziativa slittò all'ultimo momento. Erano gli anni '90, giunta Bassolino. Fummo contattati dall'assessorato alla cultura e inviammo un preventivo di 6 milioni di lire per una serata nella Sala Gemito, con l'esposizione dei cimeli provenienti dall'Enrico Caruso Museum diretto da Aldo Mancusi a New York, l'esibizione di mio fratello Riccardo, anche lui tenore, e un rinfresco. I costi alla fine arrivarono a 30 milioni di lire e non fummo neanche rimborsati per spese di viaggio e albergo dalla Cosmofilm».

E il museo che non c'è?
«Finora solo promesse non mantenute, senza pensare che sarebbe anche una grande attrattiva per il turismo».

Manca un anno alle celebrazioni. Progetti?
«Insieme al Metropolitan e al sindaco di New York ci stiamo già organizzando per un gran gala con artisti da tutto il mondo. Napoli invece non ha previsto nulla. Il mio appello va al sindaco de Magistris: si faccia un concerto al Plebiscito o al San Carlo per ricordare degnamente Caruso».
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