Casa Savastano, il giudice: «Reticenti i vertici Cattleya»

Casa Savastano, il giudice: «Reticenti i vertici Cattleya»
di Dario Sautto
Sabato 8 Dicembre 2018, 09:47 - Ultimo agg. 09:52
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«Hanno manifestato una certa reticenza. La falsità delle dichiarazioni, peraltro tutte in contraddizione tra loro, è evidente». Con questa motivazione, il giudice Gabriella Ambrosino ha trasmesso gli atti relativi alle dichiarazioni dei tre manager di Cattleya alla Procura di Torre Annunziata per ulteriori accertamenti e per indagare per falsa testimonianza. Per il giudice del tribunale oplontino, i produttori Maurizio Tini e Riccardo Tozzi e l'amministratore delegato Giovanni Stabilini sapevano fin dall'inizio che l'abitazione di via Plinio a Torre Annunziata, scelta come set per ambientare «casa Savastano», fosse la residenza di un camorrista. E sapevano già a luglio 2013, nel corso delle indagini, che la famiglia Gallo era riuscita ad imporre il pizzo alla produzione della serie tv Gomorra. E lo stesso Matteo De Laurentiis (subentrato nella produzione a giugno 2013) «scende a compromessi con i Gallo, avvia una trattativa con il clan» scrive il giudice in sentenza.

Se De Laurentiis è stato prosciolto in udienza preliminare dal favoreggiamento, con le loro dichiarazioni Tini, Tozzi e Stabilini ora rischiano il processo per falsa testimonianza.
 
Per quei fatti erano finiti alla sbarra solo il location manager Gennaro Aquino (poi unico condannato a 6 mesi per favoreggiamento) e Gianluca Arcopinto (lui assolto). Erano gli unici due accusati di aver prima pagato la tangente al clan, poi di aver provato a nascondere i fatti all'Antimafia che indagava e li aveva ascoltati come persone informate sui fatti, infine aveva rivelato l'esistenza dell'inchiesta allo stesso Raffaele Gallo, «zì Filuccio», papà del boss Francesco o pisiello (tuttora al 41-bis) che aveva imposto alla madre Annamaria De Simone, durante un colloquio in carcere, di farsi pagare in contanti le rate dell'affitto della sua abitazione. Perché per rendere più credibile il set di Gomorra, era stata scelta la vera casa di un camorrista, Francesco Gallo appunto, che aveva concesso in affitto per 30mila euro (in rate da 6mila euro) la sua residenza lussuosa e kitsch alle porte del parco Penniniello alla casa cinematografica. Dopo la prima rata versata regolarmente, Gallo era stato arrestato in un blitz anticamorra e la casa era stata sequestrata.

Per bypassare l'amministrazione giudiziaria, con la minaccia di far «saltare il cinema» e dunque di non permettere di girare le scene nell'abitazione, Gallo aveva preteso che ogni mese venissero versati 6mila euro in contanti alla mamma. Per questi fatti, il boss e i genitori sono stati condannati in via definitiva. Ma nel frattempo è stato complicato ricostruire tutta la vicenda, che vedeva come vittime i manager di Cattleya. Aquino, l'unico condannato per favoreggiamento lo scorso febbraio, aveva ricevuto dalla produzione 5mila euro in contanti in una busta, e fu costretto settimane dopo a regolare i conti con Raffaele Gallo, pagando di tasca sua altri mille euro ed evitare problemi alla fortunata serie tv, che nel frattempo in primavera vivrà la sua quarta stagione.
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