Napoli, operaio in nero muore da solo: «Per lui indifferenza e omertà»

Napoli, operaio in nero muore da solo: «Per lui indifferenza e omertà»
di Gigi Di Fiore
Sabato 7 Aprile 2018, 22:55 - Ultimo agg. 8 Aprile, 08:31
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Un fantasma per dodici giorni. Un morto non morto che non meritava di diventare notizia, né suscitare almeno indignazione. È stato fino a ieri l’amaro destino di Claudio Tammaro, vittima a Casalnuovo di un’altra «morte bianca» che nessuno ha per giorni sollevato dal buio della rimozione collettiva e dell’indifferenza. Eppure, era un altro di quegli incidenti sul lavoro su cui, dopo la tragedia di Livorno, ha tuonato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Non è accettabile che si muoia sul lavoro», aveva dichiarato il 29 marzo il capo dello Stato.

Ci sono vittime e vittime per assenza del rispetto di norme di sicurezza e il tragico incidente di Claudio Tammaro sembrava destinato a non rientrare nelle statistiche di chi ha perso la vita per guadagnarsi una giornata. Ma il silenzio l’ha rotto con rabbia una giovane nipote, Annarita, e l’ha fatto nel modo e con lo strumento che non ha bisogno di affidarsi a filtri o mediazioni: Facebook. È lei, in un lungo e accorato post, ad aver sollevato il velo sulla morte dello zio, operaio alla giornata di 52 anni, avvenuta martedì 26 marzo. Era appena tre giorni prima del monito lanciato dal presidente Mattarella.

Claudio Tammaro era uno di quegli operai edili che si spostavano per lavorare anche in cantieri di altre parti d’Italia. Studi tecnici a Pomigliano, madre anziana, si arrangiava anche con lavori manuali in case private. Lo ricorda un amico di Casalnuovo, Luigi Mauro: «Pochi mesi fa era stato a casa mia per montarmi la cabina doccia. Era una persona molto socievole».

Martedì, Claudio si era presentato in via Saggese a pochi passi dall’hotel Caribe dove si stava ristrutturando un capannone industriale. Proprietario della struttura è Mario Pelliccia, fratello dell’imprenditore coinvolto nel 2007 nello scandalo dei 74 appartamenti costruiti senza licenza edilizia a Casalnuovo. Sul capannone erano in corso lavori con sei operai in attività. Proprio Pelliccia, insieme con la moglie, li aveva disposti e commissionati per adeguare la sua struttura ad un’attività imprenditoriale.
 
Claudio ha chiesto di lavorare e gli era stato affidato l’incarico di impermeabilizzare il tetto del capannone. È salito, si è messo d’impegno, ma qualcosa è andato storto. Forse l’assenza di un appiglio, forse è scivolato, forse un cedimento della struttura su cui lavorava, Mario ha perso l’equilibrio ed è caduto. Sei metri nel vuoto, senza che nessuno potesse aiutarlo. È morto subito, battendo la testa. Senza casco, senza altri accorgimenti per la sicurezza, il rischio era forte. «Come è possibile che in Italia si muoia ancora per il lavoro? - scrive su Facebook la nipote di Claudio - La vita a Napoli e nel suo hinterland non ha lo stesso valore di chi muore al nord. Nessuno, giornali e televisione, ha dato notizia di quanto accaduto e mio zio, umile operaio, nel silenzio totale se ne è andato».

Ucciso una prima volta dall’assenza di sicurezza nel cantiere di via Saggese, ucciso una seconda dall’indifferenza su una morte «non notizia», rimasta a lungo sussurrata in una cerchia ristretta di amici e parenti, senza uscire neanche con il passaparola. I carabinieri della tenenza di Casalnuovo, guidati dal comandante Fernando De Solda, hanno fatto rilievi e sentito i testimoni presenti nel cantiere. Li hanno dovuti individuare tutti, perché qualcuno era scappato. Non tutti hanno ricordato, o voluto raccontare. È stato ricostruito che Claudio lavorava al nero e ai carabinieri Mario Pelliccia avrebbe dichiarato di averlo fatto lavorare, su sua richiesta, «per fargli guadagnare qualcosa».

Nel 2002, Pelliccia aveva avuto dei guai con la giustizia, accusato di usura e del possesso di un patrimonio immobiliare da 50 milioni non dichiarato. Ora, per la morte di Claudio Tammaro, è indagato, insieme con la moglie, per omicidio colposo su denuncia dei carabinieri. I familiari di Claudio Tammaro erano stati avvertiti qualche ora dopo l’incidente, nella stessa giornata di martedì 26. Anche il sindaco di Casalnuovo, Massimo Pelliccia, era stato informato dell’incidente dai carabinieri. Ma la notizia da allora non è mai diventata pubblica, nessuno si è preoccupato di darle rilievo.

«Voglio portare all’attenzione di tutti l’indifferenza che ha coinvolto mio zio Claudio - dice Annarita Tammaro - L’esistenza di mio zio si è spenta intorno alle 13.20, noi lo abbiamo saputo solo alle 17,00. Dal 27 marzo, io e la mia famiglia cerchiamo non solo di superare questo lutto, ma dobbiamo anche cercare delle risposte. Mio zio è morto da solo».

E il dito dei familiari di Claudio Tammaro viene puntato sull’assenza di controlli nei cantieri. E Raffaele Sannino, giovane di Casalnuovo, aggiunge alla denuncia di Annarita Tammaro: «Morte nel silenzio totale e nell’omertà che regna sovrana nella nostra cittadina, tra abusi edilizi e mille ditte. Si muore di lavoro, ma anche di omertà».
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