Caso Corrado, 4 indagati a trent'anni dall'omicidio

Caso Corrado, 4 indagati a trent'anni dall'omicidio
di Dario Sautto
Martedì 12 Aprile 2022, 09:10
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Attirato in un tranello, accompagnato da un sindacalista all'esterno dell'ospedale e ucciso dai sicari della camorra. Trent'anni fa, Sebastiano Corrado fu ammazzato «perché impediva al clan D'Alessandro di individuare gli appalti più rilevanti», affidandoli direttamente alle ditte che pagavano tangenti. Sono queste le prime conclusioni delle indagini, riaperte un anno fa dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli (procuratore Gianni Melillo, aggiunto Rosa Volpe, sostituto Giuseppe Cimmarotta), sul primo «cold case» politico-camorristico stabiese che ha anticipato di 17 anni l'agguato mortale contro l'altro consigliere comunale Gino Tommasino, ucciso il 3 febbraio 2009. Ci sono ora quattro indagati per l'omicidio di Corrado, impiegato dell'ufficio economato dell'Usl 35 che controllava gli appalti all'ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, all'epoca dei fatti consigliere comunale stabiese in quota Pds. Altri presunti responsabili sono ormai morti da anni. Ieri mattina, gli agenti della squadra mobile di Napoli hanno notificato gli avvisi a comparire ai quattro ancora in vita che, assistiti dai loro legali di fiducia, saranno ascoltati nei prossimi giorni dal pm ministero che coordina le indagini. I quattro avranno la possibilità di spiegare la propria estraneità ai fatti, in un'inchiesta che li vede indagati (a piede libero) in concorso per omicidio di camorra.

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Il ruolo di mandanti, secondo l'Antimafia, fu dei fratelli boss Luigi e Michele D'Alessandro: se quest'ultimo è morto in carcere nel 1999, il 74enne «Gigginiello» è attualmente libero, dopo aver scontato per intera una condanna definitiva a trent'anni per un altro omicidio. Stesso discorso per Ugo Lucchese, 60enne ritenuto l'esecutore materiale del delitto insieme a un secondo killer non ancora identificato. Il 72enne Catello Buonomo, ritenuto uno dei fedelissimi dei D'Alessandro, è accusato di aver fatto da tramite insieme a Vincenzo Messina (deceduto) tra il clan e i funzionari dell'Usl per la gestione degli appalti. Con Corrado, c'era anche Francesco Maiello (non coinvolto nell'omicidio e intanto deceduto), addetto alle manutenzioni edili del San Leonardo, nel 2011 condannato in sede civile a risarcire i danni all'Asl Napoli 5 per l'inchiesta sulle tangenti all'allora Usl 35 di Castellammare. Il nome nuovo dell'inchiesta dell'Antimafia, però, è quello di Gregorio Brunetti, oggi pensionato 73enne, all'epoca dei fatti infermiere e sindacalista. Secondo l'accusa, il suo ruolo è stato fondamentale per compiere l'omicidio: intorno alle 14 dell'11 marzo 1992, Brunetti avrebbe accompagnato Corrado all'esterno del San Leonardo, così da permettere ai killer di non fallire l'obiettivo. Ad attenderlo c'erano i sicari della camorra che, a bordo di una Kawasaki, esplosero diversi colpi di pistola calibro 7,65. Un'esecuzione plateale, avvenuta in pieno giorno, quando Corrado era a piedi in via Virgilio.

A trent'anni di distanza, gli inquirenti stanno provando a far luce su mandanti ed esecutori materiali di quell'efferato omicidio, sul quale per tre decenni è calato un velo di omertà mai scalfito né dagli indagati coinvolti nello scandalo delle tangenti in quella Usl, né dai collaboratori di giustizia veri e falsi della camorra stabiese. Ma era chiaro fin dai primi istanti che il clan D'Alessandro aveva preso di mira i fondi pubblici nella sanità e quegli appalti da 150 miliardi di lire all'anno per vigilanza, pulizie, forniture sanitarie, questioni nelle quali la figura di Corrado era decisiva. Ma dal dicembre 1990, è l'ipotesi dell'accusa, una nuova delibera permetteva all'Usl e all'ufficio gestito da Corrado di spacchettare gli appalti, dunque di intascare direttamente le mazzette, bypassando il «controllo» della camorra.
 

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