La verità di Cutolo: «Salvai Cirillo ma su Aldo Moro i politici mi bloccarono»

La verità di Cutolo: «Salvai Cirillo ma su Aldo Moro i politici mi bloccarono»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 27 Aprile 2019, 21:26 - Ultimo agg. 28 Aprile, 09:00
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Conferma di aver salvato la vita di Ciro Cirillo, di aver condotto una trattativa con pezzi dello Stato e con le br. E conferma pure che era in grado di salvare la vita di Aldo Moro, anzi, di essersi fatto avanti, da latitante, in quel lontano anno 1978, per salvare lo statista democristiano, ma di non aver ricevuto alcuna risposta da parte dei politici, soggetti di cui però indica i nomi. Insomma, per «Ciro Cirillo si mossero tutti, per Aldo Moro nessuno, per lui i politici mi dissero di fermarmi, che a loro Moro non interessava»: parola di Raffaele Cutolo, l’ex capo della Nco, interrogato nel supercarcere di Parma dove sta scontando quattro ergastoli.

Anni bui, di cui Raffaele Cutolo accetta di parlare il 25 ottobre del 2016, rispondendo alle domande del pm Ida Teresi e del capo della Dda di Napoli Giuseppe Borrelli, nel corso di un’indagine legata all’evoluzione criminale di un suo fedelissimo, quel Pasquale Scotti arrestato dopo 30 anni di latitanza. Ed è proprio dalle pieghe del procedimento amministrativo dinanzi al Tar (nato dalla decisione dei pm di bocciare la collaborazione di Scotti), che oggi è possibile conoscere il contenuto dell’interrogatorio di Cutolo, sul più ampio scenario della trattativa per la liberazione dell’ex assessore regionale Ciro Cirillo, dopo tre mesi di prigionia nelle mani delle br di Giovanni Senzani. Oggi Cutolo ricorda l’indifferenza della Procura di Napoli rispetto alle trame di quel periodo; cita l’autorevolezza del magistrato Carlo Alemi, «unico deciso ad andare fino in fondo»; ma anche l’omicidio di tre carabinieri per consentire a un camorrista di recarsi dal «professore di Ottaviano» nel carcere di Ascoli Piceno. Ed è ancora Cutolo a chiudere il suo colloquio con i pm napoletani, con un riferimento sibillino: «Avevamo dei documenti da usare contro i politici per i fatti della trattativa; alcuni li aveva Enzo Casillo («che fu ucciso anche dai servizi, non solo da Alfieri», spiega), altri documenti invece li ho io ma moriranno con me». 
  
Pagine di storia, più che di cronaca giudiziaria, affidate comunque alla formalità di un interrogatorio, come «persona informata dei fatti, altresì imputato di procedimento connesso» (tanto che viene informato anche il penalista di fiducia di Cutolo, l’avvocato avellinese Gaetano Aufiero). Sequestrato il 27 aprile del 1981 e liberato il 24 luglio dietro il pagamento di un riscatto di un miliardo e quattrocento milioni, chi condusse i giochi sulla liberazione di Ciro Cirillo? Non Pasquale Scotti - spiega Cutolo ai pm napoletani - che era un semplice capozona, dal momento che «è possibile che tutta la storia della trattativa di Cirillo avvenisse all’insaputa di Scotti perché decideva tutto Casillo, che era “Cutolo fuori”».

Ed è a partire da questa premessa, che Cutolo spiega ai pm napoletani il retroscena della trattativa (ma anche ai pm romani che lo interrogano nello stesso periodo): «Mi portarono in carcere tutti i miei e alla fine cedetti. Le br non potevano che accettare, eravamo più forti, sia dentro che fuori le carceri. Così ho salvato la vita a Cirillo, avrei salvato anche la vita a Moro; Michelino Senese me lo propose (io ero latitante) di salvare Moro, ma l’allora ministro dell’interno Cossiga si rifiutò di incontrarmi, i politici dissero che a loro Moro non interessava. Invece per Cirillo vennero tutti, anche (omissis) che venne nel carcere di Ascoli Piceno». Stesso periodo, versioni diverse, dal momento che ai pm romani Cutolo accenna alla mediazione di Nicolino Selis per salvare Moro (come scrisse il Corriere della Sera nel 2016), mentre ai magistrati napoletani parla invece dell’iniziativa di Michelino Senese, camorrista trapiantato a Roma. Poi c’è il caso Cirillo, il via vai dei servizi segreti e finanche di politici ad Ascoli Piceno (qui cui Cutolo ricorda uno dei notabili della Dc, rimasto immune anche dalle indagini). Inchieste morbide, dice Cutolo: «La Procura di Napoli non ha voluto fare giustizia sul caso Cirillo; non hanno voluto sapere; avevano in mente la loro idea e basta. Carlo Alemi invece è stato un grande magistrato, ma l’hanno fermato. O lo fermavano come magistrato o in altro modo». 

Ma chi furono gli uomini della trattativa per liberare Cirillo? Scorrono i nomi nel verbale dei pm napoletani, mentre il capo della Nco tira fuori anche l’omicidio di tre carabinieri, uomini dello Stato sacrificati sull’altare della trattativa. Ha spiegato Cutolo ai pm napoletani: «Io neanche lo volevo salvare Cirillo, ma quando vidi arrivare Casillo in pompa magna capii che c’erano intrecci grossi dietro. Per portarmi Mario Cuomo in carcere, proprio nel periodo del sequestro Cirillo e per convincermi addirittura fu organizzato un attacco alla scorta che lo trasportava, perché era detenuto, e furono uccisi tre carabinieri». Ma la galleria degli orrori va avanti: «Anche la scarcerazione di Iacolare è stata fatta per colpa del sequestro di Cirillo; ricordo che mi scrisse in carcere una lettera, con un messaggio chiaro: “Se non mi liberano - diceva Iacolare - dirò tutto”. Quella lettera io la consegnai all’avvocato Della Pia, che mi disse che l’avrebbe consegnata alla Procura di Napoli, fatto sta che comunque Iacolare fu liberato». Ma quali furono i contatti tra quelli della Nco e i brigatisti? Chi si mise in mezzo per liberare l’allora potente assessore regionale? «In carcere parlai con Bosso, anche lui stranamente morto durante l’indagine per il sequestro Cirillo. Poi ci furono tanti trasferimenti per consentire a Bosso di parlare con altri brigatisti. Bosso era un brigatista che poi entrò nella Nco. Lo trasferirono con me ad Ascoli per parlare con me e lui poi andò a parlare con altri capi brigatisti grazie a successivi trasferimenti che di volta in volta gli consentirono, fino a quando poi ritornò da me ad Ascoli per riferirmi della decisione degli altri capi brigatisti. I soldi pagati per il riscatto? Io non li ho mai visti, anche perché li rifiutai. Cirillo sapeva tutto sulla Dc, ne avrebbe raccontato i segreti, stava per cedere durante la prigionia». Riferimenti sparsi a soggetti noti e meno noti: «Con Alfieri, all’inizio avevo buoni rapporti, il vero nemico era Totò Riina; Pasquale Scotti fu aiutato a scappare; Alfieri non poteva uccidere da solo Casillo». E i documenti segreti? «Quelli moriranno con me». 
 
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