Castellammare, «pericolo di fuga»
per il killer pentito arriva l'arresto bis

Castellammare, «pericolo di fuga» per il killer pentito arriva l'arresto bis
di Dario Sautto
Sabato 8 Febbraio 2020, 12:19
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Pericolo di fuga e di reiterazione dei reati: nuovo ordine di arresto per il pentito Pasquale Rapicano. Nonostante da meno di un mese sia passato nella schiera dei collaboratori di giustizia, le prime dichiarazioni del 39enne killer del clan D'Alessandro di Castellammare non sono state ancora riscontrate. Anche per questo motivo, ieri mattina in cella è stata notificata a Rapicano una nuova ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, emessa dalla quinta Sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli su richiesta del sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea per il tramite della Procura Generale, misura eseguita dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata. Lo scorso 28 novembre, infatti, Rapicano è stato condannato in appello all'ergastolo per l'omicidio di Pietro Scelzo, elemento di spicco del clan Omobono-Scarpa, avvenuto il 18 novembre 2006 in vico Pace.

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Ritenuto l'esecutore materiale dell'agguato, maturato nell'ambito della faida degli scissionisti del clan D'Alessandro, Rapicano aveva affrontato il secondo processo d'appello da cittadino libero: condannato al carcere a vita in primo grado, era stato incredibilmente assolto durante il primo appello che era stato annullato con rinvio dalla Cassazione. Durante il secondo processo d'appello sono arrivate le dichiarazioni del pentito Renato Cavaliere, che ha spiegato per filo e per segno tutta l'organizzazione dell'agguato, tra l'altro indicando anche i mandanti dell'omicidio, ora formalmente indagati: l'incensurato Vincenzo Ingenito, cognato di Luigi D'Alessandro, che avrebbe incaricato Rapicano; e Antonino Esposito Sansone, alias «Tonino o minorenne», già in carcere per droga. A dare la battuta al killer fu Vincenzo Guerriero, alias «Enzuccio o cane», condannato all'ergastolo e suicida nel carcere di Benevento nel 2017. Dopo la condanna all'ergastolo, però, Rapicano era rimasto in libertà e a inizio dicembre era stato sorpreso durante un summit di camorra insieme ad elementi di spicco del clan D'Alessandro. Una nota di polizia e carabinieri era stata inoltrata all'Antimafia. I controlli, poi, erano proseguiti e Rapicano è stato arrestato la sera del 13 gennaio scorso perché trovato in giro per il Centro Antico stabiese con una pistola pronta a sparare. Durante la perquisizione domiciliare era stata trovata un'altra arma.

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Nei primi giorni di detenzione, il 39enne ha maturato la decisione di collaborare con la giustizia ed è stato già ascoltato più volte dagli inquirenti. Cosa abbia rivelato sul suo passato di killer non è ancora noto. Molto probabilmente ha confessato proprio l'omicidio Scelzo, una scelta che potrebbe permettergli un nuovo annullamento in Cassazione e, quindi, un terzo processo d'appello per ottenere uno sconto di pena. Ma quello non è l'unico omicidio al quale ha preso parte Rapicano, detenuto da gennaio 2007 ad aprile 2011, quando arrivò l'assoluzione con conseguente scarcerazione. A parte quella parentesi, Rapicano è stato sempre attivo nelle dinamiche decisionali e in quelle violente del clan D'Alessandro: nella faida con gli Omobono-Scarpa e negli omicidi più recenti. L'ultimo in ordine di tempo è quello di Antonio Fontana, «'o fasano», il 59enne appartenente al clan dei «falsi pentiti» ammazzato ad Agerola l'8 luglio 2017. E ancora, è misteriosamente scomparso dal 2012 Raffaele Carolei, pregiudicato del rione Moscarella, probabile vittima di una truce lupara bianca. Ma mancano all'appello i mandanti e gli esecutori di almeno una decina di omicidi.
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