Castellammare, il sindaco al contrattacco: «Dialogo con Procura e Dda, ai clan chiediamo i danni»

Castellammare, il sindaco al contrattacco: «Dialogo con Procura e Dda, ai clan chiediamo i danni»
di Dario Sautto
Domenica 13 Giugno 2021, 11:00 - Ultimo agg. 12:32
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«Ho piena fiducia nelle indagini della commissione d'accesso: con la Prefettura c'è stata sempre massima collaborazione, uno dei nostri progetti è divenuto progetto pilota per il riutilizzo a fini sociali di un immobile confiscato. Stesso discorso con le Procure, con cui c'è dialogo a tutto campo». Gaetano Cimmino, sindaco di Castellammare di Stabia, commenta così la nuova indagine aperta dalla Dda di Napoli che chiede approfondimenti su sei politici candidati alle elezioni del 2018, inchiesta avviata all'indomani dell'insediamento della commissione d'accesso a Palazzo Farnese. 

Un'attività a 360 gradi coordinata dal pm Giuseppe Cimmarotta e delegata ai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata che servirà a sgombrare eventuali dubbi, in particolare su cinque consiglieri comunali eletti: le sole parentele più o meno vicine con alcuni camorristi non rappresentano da sole la prova di un'infiltrazione della malavita organizzata nell'attività amministrativa.

Per questo gli investigatori stanno effettuando i dovuti approfondimenti. «La lotta alla camorra e a ogni forma di illegalità e abusivismo ribadisce Cimmino è uno degli obiettivi prioritari della mia amministrazione sin dall'insediamento. Lo abbiamo dimostrato sul campo, con demolizioni che attendevano di essere compiute da anni in quartieri come il centro antico e il Savorito e con il riutilizzo dei beni confiscati, che posso ritenere un fiore all'occhiello della nostra azione per riprenderci intere aree di territorio». A inizio settimana, ad esempio, in piazzetta Licerta è stato rimosso un altarino, inizialmente dedicato alla Madonna, e poi addobbato con le foto di tre giovani del rione, morti in altrettanti incidenti stradali, tutti con precedenti o con parentele che contano nel clan D'Alessandro. «La camorra aggiunge il sindaco - è già stata condannata a risarcire il Comune e i cittadini stabiesi per il grave danno di immagine causato alla nostra città. È il caso del processo scaturito dall'inchiesta Olimpo del dicembre 2018, a cui il Comune si è costituito parte civile a seguito di un mio preciso atto di indirizzo. Prima di quel momento, non era praticamente mai accaduto che il Comune di Castellammare chiedesse i danni ai clan». 

Il riferimento è al processo d'Appello ripartito pochi giorni fa e rinviato a fine mese. Tra i nove imputati spicca sicuramente il nome di Teresa Martone, 73enne vedova del defunto capoclan Michele D'Alessandro e mamma dei boss Pasquale, Luigi e Vincenzo, condannata in primo grado da incensurata a quattro anni e mezzo di reclusione. E ancora l'imprenditore Liberato Paturzo, ritenuto referente del clan anche per alcuni appalti ottenuti dallo stesso Comune stabiese, e i vari esponenti di spicco del clan Cesarano: Giovanni Cesarano (detto Nicola), Aniello Falanga e l'allora reggente Nicola Esposito «o' mostro», catturato nel 2015 dopo una lunga latitanza. «Qualora venissero confermate le condanne in Appello prosegue Cimmino questi esponenti dei clan dovranno risarcire il Comune per i gravi danni d'immagine arrecati alla città. Il Comune si è costituito anche in secondo grado. E su nostra indicazione, Castellammare si sta costituendo come parte civile in diversi processi penali che vedono imputati esponenti della criminalità organizzata dell'area stabiese. Mai prima di questa amministrazione, l'ente comunale si era presentato in tali procedimenti. A chi offende e mortifica la nostra città non faremo mai sconti». 

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