«Centro direzionale: 80 a rischio», sirene degli allarmi accese per protesta

«Centro direzionale: 80 a rischio», sirene degli allarmi accese per protesta
di Elena Romanazzi
Giovedì 14 Maggio 2020, 08:30 - Ultimo agg. 09:02
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Le sirene degli allarmi degli esercizi commerciali del Centro direzionale sono rimaste accese contemporaneamente per poco meno di dieci minuti. Ed un gruppo del Comitato dei commercianti del Centro si è dato appuntamento sotto la sede del consiglio regionale nella speranza che qualcuno si facesse vedere e li ricevesse. Molti hanno riaperto. «Ma per chi?» - si chiede qualcuno. Gli uffici statali dono svuotati e così le banche, tutti a lavoro in smart working e noi - spiegano - sull'orlo della crisi, anzi già in crisi nera.
 

 

Enzo Vitale, titolare di El Cafè, isola C9, da 21 anni al Centro ha alzato la saracinesca per incassare se va bene 30 euro al giorno, mandando la ragazza con tanto di tuta bianca, mascherina e guanti a portare caffè. Trenta euro, ovvero la fame. «Io ho percepito i 600 euro di aiuti, ho famiglia e i ragazzi che lavoravano qui sono in cassa integrazione ho cercato di aiutarli in tutti i modi ma così non si può andare avanti». Tre mesi di fitto arretrato. «Certo se la banca mi avesse concesso il prestito - aggiunge -avrei pagato, invece niente, moduli su moduli per i 25 mila euro di prestito per non avere nulla e dunque neanche godere dei benefici fiscali per i fitti dei locali pagati». La soluzione? «Vorrei averla in tasca, per ora ho solo bollette da pagare e questo magro guadagno che non serve a nulla aprire è una perdita per me e non solo per me». Il Centro direzionale deve rivivere - aggiunge - noi ci abbiamo sempre creduto, ma si pensa ad altre zone e non a questa che è una grande isola pedonale con un miriade di risorse. Mimì Gi, si trova all'isola A3. Un ragazzo in rappresentanza del titolare Cuomo racconta: «Abbiamo riaperto per il take away, quattro pasti in un giorno, il titolare si è preso la prossima settimana di tempo per decidere se chiudere o restare aperto. Una cucina aperta per consegnare quattro pasti non può reggere a lungo». Stefano Russo è un tabaccaio. «Io non ho mai chiuso - racconta - ma sono rimasto aperto mezza giornata. «Incassi al 10% - spiega - senza gli uffici - ci sono i residenti ma si è sempre lavorato con i dipendenti delle varie società del Centro Direzionale». Giuseppe Malinconico ha una gastronomia e lunedì prossimo non apre. «Troppe incognite - spiega - troppe spese non ce la posso fare, o si ripopola il Centro o Siamo destinati al declino».
 

Attirare investitori, in primo luogo. Far venire persone di altri quartieri. Creare eventi, dove possibile e quando sarà possibile, sfruttare uno spazio enorme alla quale in realtà il sindaco non ha mai pensato. «De Magistris - raccontano - è venuto nel 2016 per la campagna elettorale e poi è sparito, le nostre richieste in questo periodo sono cadute nel vuoto, abbiamo bisogno di certezze, il pagamento dell'occupazione di suolo pubblico non deve essere rinviata ma abolita del tutto». Il Centro - aggiungono Enzo Borriello capogruppo Pd e il consigliere Alessandro Gallo - potrebbe diventare zona franca, è inaudito che nessuno se ne occupi, eppure questa è una zona strategica, servono risorse, aiuti veri». Dal consiglio regionale non si è affacciato nessuno. Ma prima o poi Regione e Comune dovranno ascoltare le istanze di un intero quartiere e dei circa ottanta esercenti che ci lavorano e che ancora ci credono. 

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